Violato l’anonimato dei candidati: annullato il concorsone per la scuola

Il Tar delle Marche blocca la selezione. Migliaia di docenti costretti a ripartire da zero per un errore: violato l'anonimato dei candidati

Violato l’anonimato dei candidati: annullato il concorsone per la scuola

Il Tar delle Marche ha annullato il concorso ordinario Pnrr per docenti di laboratorio nelle scuole secondarie di cinque regioni: Abruzzo, Emilia Romagna, Marche, Puglia e Umbria. Il motivo? Una violazione dell’anonimato: ai candidati era stato chiesto di scrivere nome e cognome sui fogli della prova pratica. Un errore con conseguenze devastanti. Il Ministero dell’Istruzione dovrà ora rifare la prova e riscrivere la graduatoria. Migliaia di docenti, che avevano già sostenuto un iter lungo e faticoso, sono costretti a ripartire da capo. Il tutto per il flop della macchina concorsuale. Il Movimento 5 Stelle ha chiesto che il ministro Valditara si presenti urgentemente in Commissione cultura a dare spiegazioni.

Un concorso da rifare, una scuola nel caos

È solo l’ultimo capitolo di una serie di concorsi pubblici gestiti in modo fallimentare sotto l’attuale governo. La scuola, in particolare, è diventata il laboratorio del caos. Le modalità di reclutamento sono state cambiate a ripetizione, con concorsi che si accavallano, precari lasciati nel limbo e sentenze che cancellano interi procedimenti selettivi. Il concorso PNRR 1, ad esempio, ha scatenato proteste tra i docenti precari perché ha riservato il 15% dei posti a chi aveva svolto il Servizio Civile Universale, penalizzando chi aveva già esperienza di insegnamento. Il concorso PNRR 2, partito a dicembre 2024, ha visto il Comitato Precari Uniti per la Scuola chiedere un intervento diretto di Giorgia Meloni per fermare quello che definiscono un sistema “scriteriato” di reclutamento. La proposta? Smetterla con i concorsi a raffica e stabilizzare chi lavora da anni.

A livello sindacale, la FLC CGIL, la UIL Scuola, lo SNALS e l’ANIEF hanno denunciato la totale inefficacia dei concorsi previsti dal PNRR. Il loro fallimento sta tutto nei numeri: invece di ridurre il precariato, lo stanno allargando. Il problema non è solo il ritardo nella pubblicazione delle graduatorie o le regole in continuo mutamento, ma il fatto che molti dei nuovi concorsi risultano inutili, costringendo gli idonei a rimettersi in fila mentre chi è già abilitato resta fermo.

Il fallimento del sistema di reclutamento pubblico

E non è solo la scuola a soffrire. Il Consiglio di Stato ha recentemente annullato anche i concorsi dei Ministeri dell’Agricoltura e della Difesa. Il governo, invece di correggere le storture, ha bloccato sia gli scorrimenti delle graduatorie esistenti sia l’indizione di nuovi concorsi. Una paralisi che getta nell’incertezza migliaia di candidati e lavoratori, in settori già provati da carenze di organico. Il problema è strutturale: l’attuale governo ha impostato il reclutamento nella pubblica amministrazione su un’ideologia di rigore e selezione che, nei fatti, si traduce in inefficienza, errori procedurali e un precariato sempre più dilagante. E mentre si ripetono i concorsi, il personale scarseggia e i servizi pubblici si sfaldano.

La scuola, che dovrebbe essere il cuore di ogni progetto politico lungimirante, si ritrova invece ostaggio di una gestione caotica. Ieri è toccato al concorso PNRR per i docenti di laboratorio, ma domani potrebbe essere un’altra procedura a crollare. Il governo Meloni ha promesso stabilità e merito, ma i fatti raccontano un’altra storia: quella di una pubblica amministrazione in crisi, di docenti e professionisti umiliati e di un sistema che implode sotto il peso delle sue stesse contraddizioni.

La realtà, ovviamente, si ripercuote anche sugli studenti e sulle loro famiglie. Classi scoperte, insegnanti costretti a continui spostamenti, supplenze che diventano la norma, mentre le graduatorie si trasformano in un labirinto burocratico senza uscita. Il quadro è aggravato da una politica che, invece di investire nella stabilizzazione del personale, preferisce alimentare la confusione con nuovi concorsi e regole che cambiano di anno in anno. La strategia del “merito”, tanto sbandierata dal governo, si è tradotta in una serie di selezioni viziate da errori procedurali.

Non stupisce, quindi, che il malcontento sia ormai diffuso. Le proteste dei precari della scuola si moltiplicano, mentre gli stessi vincitori dei concorsi faticano a vedere il loro nome nelle graduatorie definitive. Si parla di qualità e efficienza ma i risultati sono solo frustrazione e instabilità. E mentre si accumulano gli errori, l’istruzione italiana continua a perdere terreno e credibilità.