Tra gli effetti della delegittimazione dei sindacati – è un percorso lungo, parte da Berlusconi e arriva fino a Renzi e poi il governo gialloverde – c’è che ad ogni sciopero, uno sciopero qualsiasi, l’unico dibattito che si può origliare in giro è la lamentela per i servizi che sono mancati. Ieri ha scioperato il mondo della scuola. Oggi, il giorno dopo, di quello sciopero rimangono le solite frasi facili degli insegnanti che non hanno voglia di lavorare ma dietro lo sciopero di ieri ci sono motivazioni serissime.
Dietro lo sciopero della scuola di ieri ci sono motivazioni serissime
A incrociare le braccia per 24 ore sono i lavoratori in servizio nelle istituzioni scolastiche ed educative italiane che, coordinati dai sindacati Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals Confsal e Gilda Unams, hanno scelto di ribellarsi alle direttive prese dal governo. In particolare, sono passate inascoltate le richieste di modifica del DL 36 che riguarda la formazione e il reclutamento del corpo docenti.
Uno sciopero che, quindi, vuole “riaffermare il diritto del personale della scuola a un dignitoso rinnovo del contratto” e “dire no a interventi fatti per legge su materie come la formazione in servizio e il trattamento economico, di diretto impatto sul rapporto di lavoro e quindi da disciplinare in via negoziale” – ha affermato Ivana Barbacci, segretaria generale di Cisl Scuola.
La protesta si è resa necessaria soprattutto per i precari della scuola che, con il nuovo sistema di reclutamento dei docenti, votato dal governo, non verrebbero più considerati, non avendo previsto alcun percorso di stabilizzazione: “Non si riconosce l’attività svolta, non c’è nulla di tutto quello che serve” – sottolinea Francesco Sinopoli, segretario generale Flc Cgil.
E poi, l’eliminazione degli eccessi di burocrazia nel lavoro dei docenti; la restituzione della formazione di tutto il personale della scuola alla sfera di competenza dell’autonomia scolastica e del collegio docenti; la revisione degli attuali parametri di attribuzione degli organici alle scuole per il personale docente, educativo e Ata; la riduzione del numero di alunni per classe; modalità specifiche di reclutamento e di stabilizzazione sui posti storicamente consolidati in organico di fatto che superino il precariato esistente; modalità semplificate, per chi vanta una consistente esperienza di lavoro, di accesso al ruolo e ai percorsi di abilitazione.
Poi, ancora, l’incremento dell’organico dei collaboratori scolastici di 2.288 unita secondo l’impegno ministeriale; l’indizione del concorso riservato per gli Assistenti Amministrativi Facenti funzione di Dsga con tre anni di servizio nella funzione anche se sprovvisti di titolo di studio; la semplificazione delle procedure amministrative per liberare le segreterie dai compiti impropri (pensioni, ricostruzione di carriera, graduatorie di istituto) re-internalizzando quelli di competenza dell’Amministrazione scolastica e la revisione del regolamento sulle supplenze Ata.
Quello di ieri è il terzo sciopero inascoltato dal governo del mondo della scuola. Stiamo parlando del “governo dei migliori che aveva promesso di scontate tutti e di lavorare per il bene di tutti. Per ora la promessa è fallita. E se ci prendessimo la briga di cominciare a informarci sui motivi degli scioperi riscopriremmo il gusto di sapere cosa accade nel Paese, senza dover per forza aspettare che sia il politico di turno a levare la denuncia. Negli scioperi ci sono le fragilità politiche e sociali. Non si tratta di fannulloni. Ridare dignità alla lotta sindacale sarebbe il primo passo per una politica reale.