Più una fabbrica di disoccupati che una scuola di giornalismo. Risultato di una vera e propria metamorfosi subita negli ultimi anni dal Centro italiano di studi superiori per la formazione e l’aggiornamento in giornalismo radiotelevisivo di Perugia, fondato nel 1992 dalla Rai e dall’Università del capoluogo umbro. Anche perché, Viale Mazzini non può più assumere giornalisti per chiamata diretta da quando l’Anac, nel 2014, ha imposto alla Rai di fare concorsi pubblici per arruolare nuovi cronisti.
E così i 18 giovani che grazie alla scuola di giornalismo accedono, alla fine di ogni biennio, all’esame per diventare professionisti si trovano disoccupati. Senza contare i costi a carico della stessa Rai: circa 600mila euro l’anno. A sollevare il caso della Scuola di giornalismo di Perugia era stata, il 2 ottobre dell’anno scorso, proprio La Notizia. Ma torna oggi di attualità proprio mentre al settimo piano di Viale Mazzini si starebbe valutando la nomina del nuovo direttore della struttura dopo le dimissioni di Antonio Socci, costretto a lasciare dopo l’incidente degli insulti social, sul suo account twitter, con cui si era scagliato nelle scorse settimane dopo Papa Francesco.
E a tornare sulla questione è il segretario dell’Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai, Vittorio Di Trapani (nella foto). “Scuola di giornalismo di Perugia, o si chiude o si riforma. La struttura umbra costa alla RAI oltre 600 mila euro all’anno di finanziamento, più il costo di almeno 2 dirigenti (con stipendi superiori a 200mila euro ciascuno). Ma a quanto pare questo tema non interessa ai vertici di Viale Mazzini. Anzi, ancora una volta tornano in ballo voci su nuove nomine. E se una azienda non pensa alla formazione delle giovani leve, non ha futuro”, scrive Di Trapani in un durissimo intervento su Facebook.
“Ormai da anni la Rai non utilizza i professionisti formati in quella Scuola – prosegue il segretario Usigrai -. E anche i rapporti per la formazione continua sono ridotti al lumicino. Ancor di più in una fase di crisi economica come quella attuale, la Rai non può permettersi di continuare a spendere denaro pubblico senza averne un ritorno, in termini di professionalità e competenze. Serve con urgenza una riforma. Anche con scelte radicali. E contestualmente trovare una soluzione per le decine di professionisti formati al giornalismo radiotelevisivo e multimediale grazie ai fondi della Rai, ma relegati alla disoccupazione o regalati alla concorrenza”.
Di certo, conclude Di Trapani – non ha senso oggi ipotizzare la pubblicazione di un nuovo bando che creerebbe aspettative per un’altra ventina di giovani professionisti”. Posizione sulla stessa linea di quelle raccolte da La Notizia, il 2 ottobre scorso, dal consigliere d’amministrazione espresso dai dipendenti Rai, Riccardo Laganà. “Dal 2014, 73 diplomati giornalisti della scuola sono in attesa di collocazione o di capire cosa sarà del loro destino”. Meglio quindi stoppare il corso, “che genererà altri 18 disoccupati”, in attesa di una riforma del Centro di Perugia. Che ora torna a chiedere anche Di Trapani.