Apparentemente il premier fa mostra di grande sicumera sulla tenuta del governo giallorosso e non ci sarebbe da parte sua l’intenzione di seguire la pista dei responsabili. Una via difficilmente digeribile, tra le altre cose, per molti nel M5S. Ma non c’è dubbio che le forze di maggioranza, a partire dal Pd, abbiano fatto presente che l’allarme sui numeri al Senato è scattato. La fiducia al decreto Elezioni è passata con appena 158 sì, tre sotto la soglia di sicurezza della maggioranza assoluta ferma a quota 161. E a oggi il Conte II a Palazzo Madama si avvia a fare affidamento su un numero inferiore di voti dei 169 con cui è partito meno di un anno fa. Attualmente, compresi i voti di alcuni senatori a vita e di alcuni del Misto, si ferma a 167. Ma a impensierire è lo smottamento in atto nei 5Stelle.
La senatrice Alessandra Riccardi è passata da poco alla Lega e aumentano le voci di altri malpancisti che sarebbero pronti a lasciare il Movimento. Si parla di almeno sette senatori. Se le voci dovessero rivelarsi fondate allora si scenderebbe a quota 160, ovvero sotto la soglia del numero magico della maggioranza assoluta. A motivare il mal di pancia dei pentastellati c‘è soprattutto la questione del fondo salva Stati. Un eventuale voto potrebbe provocare una scissione e vedere andar via quel gruppo di senatori di cui dicevamo. E che non transigono sul tema. Ecco perché ci sono almeno due votazioni da brividi che attendono a luglio il governo: lo scostamento di bilancio che si dovrà votare a maggioranza assoluta – ieri Forza Italia con Renato Brunetta ha minacciato di non votarlo – e soprattutto, anche se a maggioranza semplice, l’eventuale autorizzazione a chiedere il Mes.
Ecco perché Palazzo Chigi ma soprattutto lo stato maggiore del M5S sono alla ricerca di una strategia per frenare l’emorragia di deputati e senatori pentastellati. Se, da una parte, il Movimento sta pensando di spostare più in là la resa dei conti sulle mancate rendicontazioni che porterebbe probabilmente a nuove espulsioni, dall’altra Conte frena sul Mes. La cancelliera consiglia all’Italia di prendere in considerazione tutti gli strumenti messi a disposizioni dall’Ue? Il premier dice che “per il Mes non è cambiato nulla”: “Io rispetto la Merkel, ma a far di conto per l’Italia ci sono Gualtieri, i tecnici del Mef e i ministri”. Obiettivo del premier è evitare di mettere sul tavolo questioni divisive, chiudere la finestra per un ritorno alle urne a settembre, e riparlare del salva Stati dopo l’estate, alla ripresa dei lavori parlamentari.
L’obiettivo insomma del premier e del M5S resta quello di far slittare a settembre un eventuale pronunciamento sul Mes. Non è dunque affatto scontato che nelle risoluzioni che accompagneranno Conte al prossimo Consiglio europeo ci sia un riferimento al fondo salva Stati. Certo, fibrillazione c’è anche su altri temi come le modifiche ai decreti sicurezza ed Aspi ma l’eventuale votazione sul Mes funzionerebbe da detonatore in grado di far saltare il banco al governo. Ecco perché Conte appare tutto concentrato sulla trattativa del Recovery fund e ci tiene ogni volta che può a slegarla dalla partita sul Mes.