Che questo governo abbia qualche problemino con la Costituzione si è capito. Ma questa volta in ballo non c’è il rispetto delle sentenze dei giudici, dai migranti alla necessità di un salario minimo che garantisca al lavoratore un’esistenza dignitosa. Su un piano più squisitamente economico anche la richiesta di scostamento di bilancio che il governo si appresta a chiedere con la Nadef contrasta col dettato della carta Costituzionale. Che all’articolo 81 stabilisce quanto segue: “Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali”.
La richiesta di scostamento di bilancio che il governo si appresta a chiedere con la Nadef contrasta col dettato della carta Costituzionale
In base a quanto disposto dall’articolo 6 della legge 243/2012, gli eventi in cui è possibile ricorrere allo strumento dello scostamento di bilancio sono sostanzialmente di due tipologie: periodi di grave recessione economica relativi anche all’area dell’euro o all’intera Unione europea; eventi straordinari, al di fuori del controllo dello stato, ivi incluse le gravi crisi finanziarie nonché le gravi calamità naturali, con rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale del paese. Ebbene, ad oggi, nessuna di queste motivazioni potrebbe giustificare lo scostamento di bilancio che si appresta a chiedere il governo.
L’unica giustificazione per lo scostamento di bilancio di oggi risiede nel fatto che le casse dello Stato sono vuote e che si intende finanziare la Manovra per il prossimo anno per oltre la metà col deficit dal momento che le altre voci – ma ci torneremo su questo – da cui il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti conta di recuperare risorse sono fumose e aleatorie. Complessivamente il governo si appresta a chiedere uno scostamento di 23,5 miliardi tra il 2023 e il 2025: 3,2 miliardi nel 2023, 15,7 miliardi nel 2024 e 4,6 miliardi nel 2025, pari rispettivamente allo 0,1% del Pil nel 2023, allo 0,7% nel 2024 e allo 0,2 nel 2025.
Questa sarebbe la terza richiesta di scostamento di bilancio. La prima risale al novembre del 2022 e prevedeva in particolare interventi per il contrasto al caro-energia. La seconda invece, presentata nell’aprile del 2023, era stata giustificata con la necessità di finanziare il taglio del cuneo fiscale. Ancora una volta zero eventi eccezionali, zero gravi recessioni e zero calamità naturali. In base a quanto ha ricostruito Openpolis sulla base del centro servizi della Camera, nel corso della XVIII legislatura (2018-2022) le richieste di scostamento di bilancio sono state 12 in totale.
Due di queste (una nel 2018 e una nel 2019) risalgono al periodo precedente la pandemia. Ma altre 8 invece sono state presentate espressamente per contrastare gli effetti del Covid. Negli ultimi 2 casi invece veniva fatto riferimento alla delicata situazione internazionale innescata dalla guerra tra Russia e Ucraina. Oggi siamo in una situazione priva di tali eventi eccezionali. A meno che non si vogliano considerare come tali le quattro ipotetiche situazioni indicate dal governo che potrebbero costringere a rivedere al ribasso la già risicata crescita del Pil, ovvero l’andamento più debole del commercio mondiale, un maggiore apprezzamento dell’euro, un prezzo più alto del petrolio e l’allargamento dello spread.
All’extra deficit avevano fatto ricorso più volte Conte e anche Draghi. Ma allora c’erano il Covid e la guerra
La verità è che Giorgetti non sa a quale santo votarsi per riuscire a recuperare fondi per la Manovra 2024 che si dice sarà light, pari a poco più di venti miliardi. Con una crescita asfittica gli spazi si sono fatti strettissimi per il Governo. L’extra deficit di 15,7 miliardi per il prossimo anno, tutti già prenotati tra cuneo fiscale e spese indifferibili, dunque è necessario come l’aria a Giorgetti. Il resto delle coperture – per arrivare almeno a superare i 20 miliardi – è ancora un rebus. Dalla spending review da cui il ministro dell’Economia conta di ricavare fino a 2 miliardi – ma si tratta di una stima generosa – agli incerti incassi dalla tassa sugli extraprofitti.
Mentre tra le ipotesi c’è anche l’anticipo della gara delle concessioni del Lotto. Sul fronte fiscale risorse sono attese dalla potatura delle tax expenditures (fino a 1 miliardo) e dal nuovo rapporto collaborativo con il fisco. Sempre che non si finisca col sovrastimare il gettito atteso, come accaduto con l’adempimento spontaneo: in cassa sono arrivati solo 235 milioni effettivi, a fronte di 1,2 miliardi stimati e già usati per altre misure; con il risultato di lasciare a secco il Fondo per la riduzione delle tasse. La stima di 20 miliardi, pari a un punto di Pil, da qui al 2026, da ricavare, poi, attraverso le privatizzazioni pare poco più che una chimera. L’unica calamità naturale in questo caso che potrebbe giustificare la richiesta di scostamento è la stessa politica economica fallimentare di Giorgetti e compagnia cantando.