Qualcuno potrebbe pensare che i tempi biblici e i costi esorbitanti per realizzare le centrali nucleari siano gli unici problemi da affrontare nel caso di un ritorno italiano all’energia dell’atomo. Questo almeno è quanto si potrebbe immaginare stando a sentire le proposte – spesso campate in aria – che vengono lanciate dai politici nostrani, più interessati a slogan con cui accalappiare qualche voto.
I reattori nucleari producono scorie radioattive che non si dice mai dove interrare
Peccato che la realtà sia parecchio diversa – e complicata – rispetto a quanto ce la raccontino perché gli impianti attualmente esistenti, appartenenti alla cosiddetta terza generazione, producono le famigerate scorie nucleari. Si tratta di rifiuti di scarto del processo di produzione energetica che, stando alle conoscenze scientifiche attuali, non possono essere smaltite in nessun modo ma vanno stipate in appositi siti di stoccaggio.
Si tratta di un materiale di difficile gestione perché contiene diversi elementi radioattivi, caratterizzati da tempi di decadimento estremamente lunghi e che, in alcuni casi, possono arrivare a decine di migliaia di anni. Insomma per le scorie provenienti dagli impianti nucleari, non c’è alcuna soluzione se non quella di isolarle, letteralmente interrandole, all’interno di luoghi geologicamente stabili e isolati.
L’unica soluzione è realizzare siti di stoccaggio. Ma in Italia dal 1987 ad oggi non è stato individuato un sito idoneo
Insomma in attesa di tecnologie capaci di smaltire tali materiali di scarto altamente inquinanti e pericolosi oppure di sviluppare la fusione nucleare – la stessa utilizzata dal nostro Sole – non produce scorie radioattive, l’unica soluzione è realizzare siti di stoccaggio. Ma qui, almeno guardando al caso italiano, iniziano i guai. Già perché dal 1987, anno in cui sono state spente le quattro centrali nucleari italiane, ancora non è stato individuato un sito di stoccaggio definitivo.
Ogni volta che qualche governo ci ha provato, nei territori c’è stata una sollevazione popolare. Chiaramente non è pensabile continuare ad usare un deposito temporaneo – come facciamo da oltre trent’anni – per le scorie già prodotte, e men che meno si può immaginare di utilizzarlo in caso realizzassimo nuovi impianti. Insomma a prescindere da tutto, un sito definitivo andrà fatto. Il problema è che l’Italia è un territorio estremamente sismico e ciò rende difficile l’individuazione di un luogo adatto, ma ai politici tutto ciò non sembra interessare granché.