di Stefano Sansonetti
Se non è una guerra sul diritto d’autore poco ci manca. A lanciare l’assalto al mercato nostrano è una società che in Italia sfugge spesso ai radar delle analisi economiche. Il suo nome è Soundreef e ha un progetto ambizioso: sottrarre quote di mercato alla Siae, fino a poco tempo fa presieduta da Gino Paoli (poi dimessosi in seguito all’ormai famosa vicenda dei soldi in Svizzera). Da qui allo scontro in tribunale, però, il passo è breve. Secondo la Società italiana degli autori ed editori, tecnicamente un ente pubblico economico sotto la vigilanza di palazzo Chigi e del ministero dei Beni culturali, Soundreef violerebbe innanzitutto l’esclusiva che la legge riserva alla Siae nella gestione dei diritti d’autore. In secondo luogo realizzerebbe una sorta di attività di “dumping” attraverso offerte “commerciali” a dir poco aggressive, con sconti nell’ordine del 50% rispetto alle tariffe applicate dalla Siae.
I DETTAGLI
Questi, in sostanza, sono gli ingredienti di una causa giudiziaria che l’ente pubblico, guidato dal dg Gaetano Blandini, ha cominciato davanti al Tribunale di Roma. I cui sviluppi promettono scintille. Ma chi c’è dietro Soundreef? Cominciamo dicendo che la società è registrata a Londra ma ha un’anima tutta italiana. I due factotum sono Davide D’Atri, che ricopre il ruolo di presidente, e Francesco Danieli, che ne è amministratore delegato. Nella sua genesi ha avuto un ruolo importante LVenture, guidato da Luigi Capello, fondo d’investimento in giovani imprese quotato alla Borsa di Milano. Proprio LVenture, infatti, è stato tra i principali finanziatori di Soundreef. Che la società voglia mantenere un forte collegamento con l’Italia è dimostrato anche da SR Italia, di fatto una collegata che opera nel Belpaese e che si occupa di servizi post-vendita. Nel suo capitale, con il 31,1%, troviamo lo stesso D’Atri. Un altro 30,7% va ricondotto alla Vietri srl, una holding di partecipazioni che dopo la cessione delle quote dei vecchi proprietari adesso fa capo a due fiduciarie, la Cordusio e la Carini. Una quota del 29,2% è custodita nella pancia di Katalys, un “catalizzatore” d’imprese controllato al 95% dall’imprenditore Gabriele Valli. Con il 6,9%, poi, ritroviamo LVenture di Capello, imprenditore peraltro molto vicino alla Luiss (ateneo della Confindustria). Tornando a D’Atri, il presidente di Soundreef risulta anche consigliere di un’associazione che si chiama Informale e che gestisce a Roma loft esclusivi dalle parti del Circo Massimo, all’interno dei quali si creano eventi con musica, allestimenti e catering. Un bel network tutto italiano, considerando anche che l’indirizzo romano presso il quale hanno sede SR Italia, Informale e Katalys è esattamente lo stesso.
GLI SVILUPPI
Insomma, ora tra Siae e Soundreef si prepara un bel match in tribunale. La società inglese è attiva nell’intermediazione dei diritti d’autore legati alla musica d’ambiente (quella che viene diffusa nei centri commerciali e nei supermercati). In questo ambito Soundreef ripartisce tra i detentori del diritto d’autore il 50% dei compensi incassati, trattenendo così una provvigione del 50%, nettamente più elevata rispetto al 20,8% della Siae. Discorso simile per il settore live, dove la società paga agli autori il 68% dei corrispettivi e trattiene il restante 32% (sempre contro il 20,8% della Siae). Tra l’altro Soundreef ha affidato da tempo la sua assistenza legale a Guido Scorza, tra i fondatori dello studio E-lex Belisario Scorza Riccio & Partners, avvocato da tempo segnalatosi per posizioni “polemiche” nei confronti della Siae espresse anche tramite alcuni blog. Contattato da La Notizia, Scorza ha spiegato che secondo Soundreef “l’esclusiva rivendicata da Siae riguarda solo i diritti di autori italiani o quelli di opere pubblicate in Italia”. Per questo Soundreef sarebbe in regola, visto che più del 90% dei diritti gestiti sono di autori inglesi e americani. “E anche se l’esclusiva dovesse considerarsi più ampia”, ha proseguito Scorza, “sarebbe comunque in contrasto con le norme Ue sulla libera circolazione nel mercato comune”. Quanto alla misura delle provvigioni, secondo Scorza nel 50% trattenuto da Soundreef “non c’è solo una commissione ma anche una sorta di consulenza musicale offerta dalla società”. Di sicuro il campo di battaglia tra le parti è già apparecchiato.
Twitter: @SSansonetti