Nuovo giorno, nuovo strazio, nuovo concorso pasticciato. Un concorso pubblico nato per risolvere un problema che rischia di crearne molti di più. Il bando pubblicato dall’INPS per l’assunzione di 781 specialisti delle aree psicologiche e sociali ha scatenato proteste, interrogazioni parlamentari e un ricorso al Tar del Lazio. Il motivo? Tra i candidati ci sono quasi 500 professionisti che da oltre un decennio lavorano per l’ente con contratti a partita IVA, in attesa di stabilizzazione. Ma invece di garantire una transizione equa, il bando rischia di farli fuori.
Non è certo la prima volta. Abbiamo appena visto il concorso per docenti di laboratorio annullato per la violazione dell’anonimato dei candidati. E poi c’è il bando del Viminale per 1.248 funzionari, bocciato dal Tribunale di Milano perché discriminava le persone straniere.
Il concorso Inps in bilico
Ora tocca all’INPS, che ha deciso di aprire il concorso anche ai laureati triennalisti in Scienze e tecniche psicologiche, abbassando il livello di specializzazione richiesto e riducendo il punteggio per l’esperienza maturata dai professionisti già in servizio. Un paradosso: lo psicologo è una figura sanitaria riconosciuta dalla legge Lorenzin (n. 3/2018), che richiede almeno una laurea quinquennale per esercitare la professione.
L’Associazione nazionale operatori sociali-esperti ratione materiae INPS (Anoser), che rappresenta molti di questi professionisti, ha presentato ricorso al Tar del Lazio. Il presidente Mauro Florio ha dichiarato che il bando è una “ghigliottina” per il precariato: una scelta che penalizza proprio coloro che, con esperienza decennale, garantiscono oggi il funzionamento delle Commissioni medico-legali dell’ente. “Ci siamo mobilitati subito – spiega Florio – perché questo bando non riconosce il lavoro di alta qualificazione che già svolgiamo. L’INPS sembra voler sostituire chi ha esperienza con personale meno qualificato, che però costa meno”.
Il rischio, infatti, è che questi nuovi funzionari si trovino a certificare le condizioni di disabilità di cittadini senza avere la formazione adeguata. La riforma della legge sulla disabilità permetterà ai cittadini di farsi assistere da consulenti di parte, potenzialmente più esperti dei funzionari INPS. Un controsenso che potrebbe portare a ricorsi e a un’ulteriore paralisi amministrativa.
Un bando che penalizza i più qualificati
A gennaio, i deputati Arturo Scotto, Vincenzo Amendola e Roberto Speranza hanno presentato un’interrogazione alla Commissione Lavoro della Camera, chiedendo di annullare il bando o di rinegoziarlo con le organizzazioni sindacali. La risposta del viceministro del Lavoro, Maria Teresa Bellucci, ha ribadito che l’INPS ha agito in conformità alle normative, sostenendo che il requisito minimo per l’accesso all’area funzionari sia una laurea triennale o magistrale, senza ulteriori indicazioni.
Resta il rischio che il bando non solo abbassi il livello professionale richiesto, ma soprattutto ignori chi da anni lavora nel settore. Un’ennesima beffa in un Paese in cui la stabilizzazione del precariato viene evocata solo come promessa elettorale, mentre i fatti vanno nella direzione opposta.
Il Tar del Lazio ora dovrà pronunciarsi sul ricorso. Ma al di là dell’esito legale, resta una questione politica e amministrativa: un concorso che doveva risolvere un problema rischia, secondo l’associazione di categoria, di creare un’ingiustizia più grande. Un altro capitolo di quella lunga storia italiana fatta di precari sfruttati, di concorsi scritti male e merito svilito.