Passano i mesi ma la magistratura italiana, travolta da scandali e inchieste, sembra sempre più divisa. L’ultima faida è quella che è nata dalla decisione del procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, di chiedere al Consiglio superiore della magistratura il trasferimento cautelare d’urgenza e il cambio di funzioni per il pm milanese Paolo Storari in relazione al caso dei verbali di Piero Amara per il quale è indagato, a Brescia, per rivelazione di segreto d’ufficio. Una mossa che ha innescato una reazione da parte delle toghe italiane che già lunedì, in modo del tutto autonomo, hanno scritto una lettera di sostegno per il magistrato (leggi qui) a cui, dopo 24 ore, si è accodata anche l’Associazione nazionale magistrati del capoluogo lombardo. “Non possiamo che predicare il rispetto delle forme del procedimento e ribadire la fiducia negli organi dell’autogoverno. Tuttavia, dobbiamo farci carico del disagio espresso da una parte rilevante di colleghi del distretto per una vicenda grave e articolata” fanno sapere in una nota dal sindacato delle toghe. Per l’Anm è necessario respingere “ogni strumentalizzazione di una vicenda così delicata e complessa”, in merito al caso che sta tormentando la Procura di Milano, dove tra l’altro quasi tutti i pubblici ministeri e molti giudici hanno espresso solidarietà a Storari. “È nota, per essere stata diffusa sugli organi di stampa, la lettera firmata da numerosi colleghi del distretto i quali, pur escludendo qualsiasi valutazione di merito, hanno ritenuto di rappresentare che non si sentono turbati dalla presenza del collega Storari nell’ufficio di Procura di Milano”, prosegue il documento in cui si legge che “per questo confidiamo in un completo e tempestivo accertamento di tutti i fatti e respingiamo fermamente ogni strumentalizzazione di una vicenda così delicata e complessa da parte di chiunque intenda cogliere l’occasione per tentare per l’ennesima volta di delegittimare uno degli uffici giudiziari più impegnati ed esposti del Paese”.
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AUDIZIONI IN CORSO
Quel che è certo è che le vicende che stanno creando mal di pancia nell’ufficio giudiziario di Milano, non sono affatto terminate. Da lunedì, infatti, sono iniziate le audizioni a Palazzo dei Marescialli in merito alla vicenda Eni-Nigeria che, come noto, hanno scatenato il terremoto interno alla Procura con una serie di accuse e controaccuse. Tra chi è sfilato davanti ai consiglieri del Csm c’è Marco Tremolada, presidente del collegio del processo Eni-Nigeria che assolse i 15 imputati, e che con una nota, inviata alla Procura di Brescia – a cui competono i reati commessi dai colleghi di Milano – e al Ministero della Giustizia, ha segnalato alcune presunte irritualità commesse dal procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e dal pubblico ministero Sergio Spadaro. Accuse ai due magistrati che sono poi confluite in un fascicolo d’indagine da parte dei pubblici ministeri di Brescia che contesta loro il rifiuto di atti d’ufficio in quanto avrebbero valorizzato il teste-imputato Vincenzo Armanna, ex manager Eni, nonostante fossero a conoscenza di prove raccolte dal pm Storari che ne minavano la credibilità.