di Clemente Pistilli
Hanno assicurato per mesi che il loro obiettivo era quello di restituire allo Stato i milioni di rimborsi elettorali sottratti dall’ex tesoriere, ma gli esponenti della ormai ex Margherita avrebbero in realtà tentato di far tornare quel fiume di denaro nelle casse del partito. Ieri mattina la Corte dei Conti del Lazio, che dovrà decidere se condannare Luigi Lusi a risarcire l’erario, ha così estromesso il partito dal giudizio contabile. L’udienza a carico del già senatore ha poi portato l’accusa a sollevare anche un dubbio sulla costituzionalità della stessa norma sui rimborsi, abrogata con referendum e poi reintrodotta sotto altro nome. Più che una sentenza sul politico accusato di aver accumulato un tesoro di 23 milioni di euro, saccheggiando le casse del partito di centrosinistra, quella che andranno a emettere i magistrati contabili del Lazio sembra così destinata a diventare una sentenza sull’intero sistema politico italiano, che da tempo va avanti a spese dei cittadini, tra tanti scandali e pochi esempi virtuosi.
Le mani sul tesoro
Luigi Lusi, per undici anni, è stato l’uomo più vicino all’ex presidente della Margherita, Francesco Rutelli. I rapporti tra i due, in realtà, affondano le radici nella seconda metà degli anni novanta, quando l’ex tesoriere, romano di nascita e abruzzese di origini, venne scelto dallo stesso Rutelli, all’epoca sindaco di Roma, come consulente giuridico del Campidoglio. L’ex tesoriere iniziò a gestire fondi del partito nel 2001, con il comitato per Rutelli. Lusi, dal 2002 e fino allo scorso anno, è stato poi tesoriere della Margherita, cotesoriere di Uniti per l’Ulivo e tesoriere europeo dell’European Democratic Party. L’uomo che gestiva la cassa dorata venne poi eletto in Senato. I rapporti tra Lusi e Rutelli iniziarono a raffreddarsi nel 2009, quando il primo decise di restare nel Pd e di lasciare solo il capo nella nuova avventura dell’Api. Ma i guai per il tesoriere arrivarono lo scorso anno, quando la Banca d’Italia segnalò un’operazione ritenuta sospetta, relativa all’acquisto di un appartamento in via Monserrato, a Roma, a due passi da piazza Navona. Gli inquirenti iniziarono a spulciare nei conti della Margherita e si convinsero che, ricorrendo anche a due società estere, la TTT srl e la Paradiso, Lusi era riuscito a mettere le mani su circa 23 milioni di rimborsi elettorali, dirottandoli in Canada e poi facendoli rientrare in Italia con lo scudo fiscale, per impiegarli in investimenti immobiliari a Roma, a Genzano, centro dei Castelli Romani, e in provincia dell’Aquila. Il tesoriere venne espulso dal Pd e indagato con l’accusa di aver costituito un’associazione per delinquere, dedita a ripulire le casse del partito.
L’onta del carcere
Lusi è stato il primo senatore per il quale, con scrutinio palese, l’assemblea di Palazzo Madama ha dato l’ok all’arresto. Una decisione presa dopo un aspro dibattito, che vide Lusi attaccare pesantemente i colleghi e sostenere che aveva soltanto eseguito degli ordini, avendo distribuito denaro allo stesso Rutelli, all’ex ministro degli esteri, Enzo Bianco, a Matteo Renzi, all’ex ministro Giuseppe Fioroni, all’attuale premier Enrico Letta, all’attuale ministro Dario Franceschini, all’ex ministro Paolo Gentiloni e all’ex presidente del Senato, Franco Marini. Tanto per citarne alcuni. Il 20 giugno 2012 l’ormai ex tesoriere ha varcato il cancello del carcere di Rebibbia e i suoi immobili sono stati sequestrati. A febbraio Lusi è stato rinviato a giudizio. Il processo è in corso davanti alla IV sezione penale del Tribunale di Roma e la prossima udienza è prevista il 2 dicembre, quando a testimoniare dovrebbe essere lo stesso Bianco.
Rutelli perde i petali
Lusi è stato inoltre citato a giudizio dalla Corte dei Conti e proprio davanti ai giudici contabili, dopo che le accuse dell’ex tesoriere non hanno portato a particolari sviluppi investigativi e gli sono valse anche l’accusa di calunnia, La Margherita ieri è stata estromessa dal giudizio. I giudici si sono riservati sulla richiesta di condannare Lusi a restituire 23 milioni di euro, che per gli avvocati difensori Luca Petrucci e Renato Archidiacono non potrebbero essere più di 16, essendo gli altri già restituiti tramite versamenti tributari. Se l’ex tesoriere verrà condannato, il denaro andrà però al Ministero dell’economia e finanze e non alla Margherita.