di Alessandro Ciancio
Si fa sempre più tesa la situazione all’interno di Scelta civica, scossa dalle dimissioni di Mario Monti, dal tipo di rapporto con l’Udc e dalla possibilità di dare vita a un nuovo soggetto politico. Il responso di quella che appare ormai come una conta interna arriverà fra domani e dopodomani, prima con il direttivo e poi l’assemblea degli eletti (“depurata” cioè da quanti aderiscono ai gruppi parlamentari ma non al movimento, come gli esponenti del partito di Pier Ferdinando Casini). E sono proprio le parole dell’ex presidente della Camera, fra i principali sostenitori del Professore fino a pochi mesi fa, a far capire che livello abbiano ormai raggiunto le tensioni: «Monti smentisce che la società civile sia migliore dei politici di professione. Il terzo polo è finito e ora bisogna schierarsi, è inutile sognare: la Dc non può tornare». L’obiettivo resta quello del Ppe italiano, la “casa dei moderati” da varare in vista delle europee di primavera. Ma proprio questo resta il punto che spacca Scelta civica. Convinti di avere la maggioranza (per lo meno alla Camera), montiani e montezemoliani di Italia Futura vogliono contarsi per imporre la linea della maggioranza, invitando gli altri a fare le valigie in caso di contrarietà. «Stanno circolando dei documenti per dividere i buoni, montiani, dai cattivi» attacca l’ex coordinatore Andrea Olivero. «Vorrei ricordare a tutti che in democrazia esiste la possibilità di essere maggioranza e minoranza e che, all’interno di un partito, sono possibili posizioni anche diverse». Il ministro della Difesa Mario Mauro, assai critico con l’ex premier, resta intanto il principale bersaglio di quanti sono sulle posizioni del senatore a vita: non si può rappresentare Scelta civica al governo e lavorare a un nuovo partito. «Dai piani alti continuano a levarsi messaggi subliminali nei confronti di Mauro circa il suo essere o meno rappresentativo del partito nel governo, quasi un invito alle dimissioni in stile neo-epurazioni» commenta il senatore Aldo Di Biagio, che parla apertamente di un «mal celato progetto di mettere mano agli equilibri di governo per rimodulare». Una convivenza fra anime divergenti, quella all’interno di Sc, che diventa sempre più difficile. Tanto che ormai sono in molti a scommettere sull’inevitabilità di una separazione consensuale.