È una tempesta perfetta quella che si sta scatenando sul Csm. Ormai da settimane non passa giorno senza che nuovi veleni tra le toghe arrivino all’attenzione della cronaca. L’ultimo episodio in ordine di tempo è quello che, forse sottovalutato da molti, sta agitando la magistratura. A scontrarsi, infatti, sono state la corrente di Magistratura Indipendente (MI), considerata da sempre quella di destra delle toghe e che al momento è maggiormente intaccata dal caso Palamara, con la rivale e opposta Area. Un botta e risposta inatteso che ha visto la sezione di Mi della Cassazione partire all’attacco a testa bassa con un solenne invito rivolto ai propri consiglieri, Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli e Antonio Lepre, a “porre immediatamente termine alla propria autosospensione e a riprendere senza indugio le attività consiliari”.
I tre, lambiti dall’inchiesta di Perugia ma che non risultano indagati, devono tornare al Csm per “eliminare il gravissimo vulnus alla rappresentatività dell’organo di governo autonomo della magistratura” che ne deriverebbe dal fatto di dover lavorare a ranghi ridotti e, soprattutto, operando “in composizione non rispondente agli orientamenti espressi dagli appartenenti all’ordine giudiziario nelle elezioni del luglio 2018”. Un comunicato che ha lasciato molti spiazzati ma non i rivali di Area che, con una replica affidata al proprio segretario Cristina Ornano, hanno preso posizione in modo chiaro e altrettanto duro: “Lobby trasversali composte da politici disinvolti e spregiudicati imprenditori, alcuni pure indagati da una di quelle stesse Procure e con il coinvolgimento di magistrati, hanno messo a punto un condizionamento esterno dell’autogoverno per le nomine di alcune nevralgiche Procure della Repubblica”. Non solo, in questo scontro a distanza e consapevole di quanto affermato dai colleghi di MI, il segretario Ornano, come aveva già affermato David Ermini, ha sentenziato: “Chi ha sbagliato ferendo l’onore e la credibilità dell’Istituzione deve fare un passo indietro e dimettersi”.
LA POSTA IN PALIO. Che la posta in gioco al Csm sia altissima è chiaro a molti. Del resto in questi giorni l’organo di autogoverno delle toghe avrebbe dovuto effettuare diverse nomine, non ultima quella alla Procura di Roma al posto dell’uscente Giuseppe Pignatone. Nonostante ciò per capire la mossa di Magistratura Indipendente è necessario fare un ulteriore passo in avanti. La corrente di destra, infatti, aveva ben 5 consiglieri di cui 3 si sono autosospesi. In questo modo è di fatto diminuito il suo peso politico all’interno dell’organo. Ma c’è di più perché per continuare le proprie attività, il Csm è stato costretto a modificare le proprie commissioni. In particolare la Quinta Commissione che che si occupa delle nomine ai vertici degli uffici giudiziari e che da ieri sarà presieduta dal togato di Area, Mario Suriano, in sostituzione dell’autosospeso Morlini. Si tratta di spostamenti e riorganizzazioni che non cambiano il numero di consiglieri delle differenti correnti ma che sicuramente spiegano il nervosismo di MI che perde poltrone importanti.
PALAMARA SI DIFENDE. La vicenda che sta terremotando il mondo ovattato della magistratura ha avuto origine dall’inchiesta sul pm Luca Palamara (nella foto). L’ex vertice Anm ed ex consigliere del Csm è accusato dai colleghi della Procura di Perugia di corruzione nella vicenda sui presunti condizionamenti politici nella nomina dei vertici delle principali Procure d’Italia. Un’inchiesta in cui sono indagati per favoreggiamento anche il collega Stefano Rocco Fava e il consigliere Luigi Spina. Nelle novanta pagine della memoria difensiva, Palamara ha sostanzialmente spiegato: “Non sono e non sarò mai un corrotto. Non ho mai ricevuto favori, tantomeno i famosi 40mila euro”. Poi in relazione agli incontri con l’ex ministro Luca Lotti ha puntualizzato: “Non sono mai stato collaterale a nessun politico”.