di Stefano Sansonetti
Correva l’anno 2007. A palazzo Chigi c’era Romano Prodi, con Livia Turco sulla tolda di comando del ministero della Salute. Il 3 aprile di quell’anno una senatrice dell’Udc, Sandra Monacelli, presentò un’interrogazione alquanto pepata. Protagonista della scena l’Avastin, ovvero il farmaco low cost per la cura delle maculopatie. Si tratta proprio di quel prodotto che, secondo la dirompente decisione di qualche giorno fa presa dall’Antitrust, sarebbe stato ostacolato da un cartello messo su dai colossi farmaceutici Novartis-Roche per favorire il più costoso farmaco Lucentis, prodotto proprio dalla Novartis (multa complessiva da 180 milioni). Ebbene, leggere oggi quell’interrogazione del 2007, scovata da La Notizia, permette di scoprire che in essa è già citato il caso Avastin-Lucentis. Nell’atto, infatti, c’è scritto che “da circa un anno in tutto il mondo l’Avastin è usato per il trattamento di tali patologie (la degenerazione maculare senile, ndr) per via endovitreale, corroborando quanto descritto nella letteratura medica oftalmologica”. Subito dopo si aggiunge che “l’Avastin ha mostrato una grandissima efficacia nei confronti delle citate affezioni e una modestissima prevalenza di effetti collaterali e complicazioni”. Nel 2007, riporta l’interrogazione dell’epoca, una dose necessaria a un singolo trattamento costava 16 euro. Mentre il Lucentis, a sua volta citato nell’atto, aveva un costo “indicato in 1.700 euro per trattamento”.
La domanda
Per questo, in conclusione, l’interrogazione chiedeva al ministero della Salute “di sapere, alla luce di una così ampia e unanime concordanza di risultati clinici fra gli oftalmologi di tutto il mondo e del notevole risparmio che questo provvedimento determinerebbe, se non ritenga opportuno far svolgere un esame approfondito all’Agenzia italiana del farmaco al fine di verificare la possibilità di inserimento del farmaco Avastin fra quelli autorizzati per impiego oculare”. Insomma, già sette anni fa i termini della vicenda, almeno a qualche parlamentare (evidentemente ben indottrinato da lobby con interessi in gioco), erano sin troppo chiari. Il destino delle interrogazioni parlamentari, si sa, molto spesso è segnato, e l’atto cade nel vuoto. Ma qui arriva il colpo di scena. Eh sì, perché il ministero della Salute, all’epoca guidato da Livia Turco, decide di rispondere. Lo fa per la precisione il 28 giugno del 2007, per bocca dell’allora sottosegretario Antonio Gaglione. Il quale dice che “recentemente è stato richiesto all’Agenzia italiana del farmaco di verificare la possibilità di ricomprendere il bevacizumab (ovvero il principio attivo dell’Avastin, ndr) nell’elenco dei prodotti farmaceutici (…) la cui erogazione è a carico del Servizio sanitario nazionale”. A tal proposito, aggiunge Gaglione, “L’Agenzia ha precisato che la relativa procedura per tale inserimento è stata già avviata, fatti salvi i necessari pareri favorevoli degli organi tecnico-scientifici della stessa Agenzia”. Fine, o forse sarebbe meglio dire l’inizio di uno scandalo che si trascina da sette anni.
Le conseguenze
C’è una domanda che, a questo punto, prende drammaticamente corpo. Se l’Antitrust ha calcolato in 45 milioni per il 2012, con possibile salasso futuro di 600 milioni l’anno, la maggior spesa del Ssn derivante dal finanziamento del più costoso farmaco Lucentis, a che conto si arriverebbe andando a calcolare anche gli anni 2007-2008-2009-2010-2011? Insomma, adesso al ministero e all’Aifa cominciano davvero a tremare, perché se la Corte dei conti procedesse per danno erariale si potrebbe arrivare a qualche miliardo di euro. Senza contare che, dal 2007 a oggi, si sono succedute altre 13 interrogazioni parlamentari sul tema Avastin-Lucentis. E le poche volte in cui il ministero ha risposto (vedi La Notizia di ieri) ha sempre preferito girare la patata bollente nelle mani dell’Aifa, sulla quale però il ministero esercita un’attività di direzione e vigilanza. Una storia che è solo all’inizio.
I dati choc dell’Aifa
Il 12 febbraio del 2014, quindi qualche settimana prima che l’Antitrust comminasse una maxi-multa da 180 milioni di euro a Novartis-Roche, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha provato a dare un sonoro schiaffo all’Aifa. Rispondendo a un’interrogazione di Dorina Bianchi (Ncd) sull’affaire Lucentis, ovvero il costosissimo farmaco per la cura delle maculopatie finanziato dal Ssn, il ministro ha ricordato come nell’ottobre del 2012 l’Agenzia avesse iniziato un monitoraggio sull’Avastin, ovvero il farmaco low cost per la cura delle stesse patologie. L’obiettivo è quello di verificare la sicurezza del prodotto al fine di inserirlo nell’elenco dei farmaci rimborsabili dal Ssn. Ebbene, la Lorenzin ha precisato alla camera che “tale monitoraggio, così come riferito dall’Aifa, non ha però ancora oggi permesso di avere un quadro completo”. Come dire: stiamo aspettando che l’Agenzia, dopo verifiche durate più di un anno, si dia una mossa. Il fatto è, come ha potuto appurare La Notizia, che in realtà l’Aifa ha concluso il monitoraggio, ma ha tenuto chiusi in un cassetto il risultati perché ritenuti inattendibili.
I numeri
Una cosa è certa, le cifre che risultano dallo screening sono a dir poco choc e possono rappresentare una tegola pesante proprio sul capo dell’Agenzia e del ministero, che su di essa ha un potere di direzione e vigilanza. Si dà infatti il caso, come ha scoperto La Notizia, che la verifica ha riguardato un totale di 44.071 pazienti trattati con l’Avastin, con soli 34 casi registrati di reazioni avverse (lo 0,08%). Sarebbe la prova che il farmaco non è affatto pericoloso. L’Agenzia, però, ha spiegato che questo 0,08% di effetti indesiderati rappresenta “una percentuale nettamente più bassa di quelle di altri paesi di riferimento (Usa, Giappone, Inghilterra, Olanda e Canada)”. Cià fa supporre “che la farmacovigilanza degli effetti” dell’Avastin sia stata esposta “al fenomeno della sottosegnalazione”. Un accusa, quella dell’Aifa, rivolta alle regioni, che hanno inviato i dati del monitoraggio. I governatori, si sa, sono alle prese con deficit sanitari spesso molto gravi. Per questo, potrebbe aver pensato l’Aifa, hanno spinto l’Avastin per il suo basso costo non rivelando completamente l’incidenza degli effetti indesiderati. Le cifre, però, rimangono. E anche una guerra che minaccia di allargarsi.
Twitter: @SSansonetti