Non è una giustizia lumaca solo quella italiana. Va così pure in Vaticano. Tanto che al processo al cardinale Giovanni Angelo Becciu, già prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, sotto accusa per reati finanziari in Vaticano (leggi l’articolo) e in particolare per una presunta distrazione di fondi della Segreteria di Stato Vaticana, come emerso anche dalle indagini sul Palazzo di Sloane Avenue di Londra, sembra essere stato messo il rallentatore.
Mancano ancora tutti gli atti e il presidente presidente del tribunale, Giuseppe Pignatone, ieri ha deciso che non andrà avanti fino a che non verranno depositati. L’ordinanza sarà trasmessa nella prossima udienza, fissata per l’1 dicembre, e di 10 imputati ne sono rimasti 6, essendo state stralciate le altre posizioni. Mancano in particolare le deposizioni di monsignor Alberto Perlasca, che non è ancora neppure chiaro se sia imputato. Fabio Viglione, legale del cardinale Becciu, ha denunciato che gli audiovideo depositati sono “mutilati, oscurati, falcidiati”.
“Il tema è sempre lo stesso – ha detto – vogliamo poterci difendere. C’è una mutilazione delle prove”. E il legale del finanziere Enrico Crasso, Luigi Panella, ha tentato pure di far ascoltare una parte non secretata delle deposizioni di Perlasca, in cui il procuratore generale pare tirare in ballo Papa Francesco, insinuando che l’ufficio del promotore di giustizia abbia “sentito il Papa come testimone”. Ma il promotore di giustizia Alessandro Diddi smentisce categoricamente.