Ostacoli normativi, burocratici e culturali: il nuovo report di Legambiente “Scacco matto alle rinnovabili 2023” denuncia gli impedimenti che frenano la transizione energetica in Italia e le sabbie mobili burocratiche che condannano la Penisola.
Scacco matto alle rinnovabili 2023, il nuovo report di Legambiente sulla transizione energetica in Italia
Nel Paese, sono 1.364 gli impianti in lista d’attesa e in fase di valutazione: il 76% si trova tra Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. A fronte delle semplificazioni introdotte dall’ex Governo Draghi e della creazione delle due Commissioni Via-Vas che forniscono pareri sui grandi impianti strategici per il futuro energetico dell’Italia, le autorizzazioni rilasciate dalle Regioni negli ultimi 4 anni sono quasi inesistenti. Il dato è tanto più drammatico se si considera che, nel 2022, solo l’1% degli impianti fotovoltaici ha ricevuto l’autorizzazione. Nel 2019, invece, erano state autorizzate il 41% delle istanze. Il dato poi crolla in modo vertiginoso con il trascorrere degli anni, calando al 19% nel 2020 e al 9% nel 2021.
Peggiore la situazione dell’eolico on-shore, bloccato allo 0% nel 2022. È evidente che si sia dinanzi a un controsenso se si considera che, negli ultimi anni, si è assistito a un incremento sia dei progetti presentati che delle richieste di connessione alla rete elettrica nazionale di impianti di energia a fonti rinnovabili. Il quadro è ancora più allarmante se si guarda alla lentezza delle installazioni che, stando agli ultimi dati Terna, sono state appena 3.035 MW nel 2022. Escluso il fotovoltaico, nel 2022, le fonti rinnovabili hanno fatto registrare segno negativo. L’idroelettrico, gravato dalla siccità, si è attestato a -37,7% mentre è stato osservato un calo del 13,1% nella produzione da pompaggi che portano il contributo delle rinnovabili al 32%, pari ai livelli del 2012.
L’affondo al Governo Meloni: “Il Paese non deve diventare l’hub del gas, ma quello delle rinnovabili”
È palese, quindi, che la Penisola sia in forte ritardo nella realizzazione di nuovi impianti da rinnovabili. A far procedere così a rilento la transizione ecologica nel Paese sono, soprattutto, le lungaggini burocratiche e gli estenuanti iter autorizzativi che da tempo immemore caratterizzano Regioni e Soprintendenze ai beni culturali. A peggiorare la situazione, ci sono i continui no delle amministrazioni comunali e delle opposizioni locali NIMBY e NIMTO.
Vessata da norme obsolete e da un tripudio di ostacoli di stampo burocratico, l’Italia resta nel pantano rispetto alla concreta realizzazione di nuovi impianti da fonti pulite. Se il Governo Draghi non è riuscito a risolvere lo stallo del Paese, la situazione è drasticamente peggiorata con l’arrivo delle destre al potere. Puntando il dito contro il rigassificatore a Piombino, il Presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani infatti ha ribadito al Governo Meloni che “il Paese non deve diventare l’hub del gas, ma quello delle rinnovabili”. Per contrastare la crisi climatica, accelerare la transizione ecologica e raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione indicati dall’Ue, “l’Italia deve puntare con fermezza su rinnovabili, efficienza, autoproduzione, reti elettriche e accumuli” ed è indispensabile che il Governo attui una “politica di breve, medio e lungo periodo anche rispetto agli obiettivi di decarbonizzazione non più rimandabili”.
Oltre a ribadire la necessità di “semplificare l’iter dei processi autorizzativi per garantire certezza dei tempi e potenziare gli uffici delle Regioni che rilasciano le autorizzazione” evitando che i progetti si accumulino, Ciafani ha sottolineato che le fonti rinnovabili sono una “chiave strategica non solo per decarbonizzare il settore energetico ma anche per portare benefici strutturali nei territori e alle famiglie”, creando opportunità di crescita.
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