“Riconoscimenti a richiesta? Ma non scherziamo. Noi dobbiamo capire dove i nuovi governanti vogliono portare l’Afghanistan. Andare in ordine sparso sarebbe un errore strategico. Mi auguro che ogni iniziativa dei singoli governi venga concordata a livello europeo”. Lo dice, in un’intervista a Repubblica, il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, secondo cui: “La crisi afghana ci riguarda profondamente. Rispetto alla crisi umanitaria, non possiamo dire che devono occuparsene solo i paesi confinanti. E per quanto attiene alle questioni militari, dobbiamo prendere atto della débâcle e aumentare la nostra capacità di difesa comune e di intervento rapido. Se l’Unione vuole essere un attore globale, non si giri dall’altra parte”.
Per Sassoli “l’egoismo e il calcolo di corto respiro di molti governi non consentono all’Unione di esprimere la sua forza e garantire la sua unità”. Sottolinea che “per dialogare bisogna essere in due. Se dalle nuove autorità afgane vi fossero segnali in tal senso, non ci tireremo indietro. D’altronde, se vogliamo costruire corridoi umanitari, c’è bisogno del consenso del nuovo governo di Kabul. Noi in Afghanistan non ci siamo più”.
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SALVINI GIOCA LA SUA PARTITA
Nonostante l’invito ad agire congiuntamente, Matteo Salvini va avanti per la propria strada e incontra l’ambasciatore della Cina in Italia, Li Junhua. Si tratta dell’ennesimo colloquio organizzato dal leader della Lega per discutere di Afghanistan. L’ambasciatore ha riferito a Salvini che la Cina non farà alcun passo politico in autonomia, e anzi si coordinerà con l’Unione Europea, la Russia e la Nato. Salvini ha ribadito all’ambasciatore che non è ipotizzabile alcun riconoscimento del governo dei talebani.
Piena condivisione a proposito della messa in sicurezza della popolazione afghana, con l’impegno di moltiplicare gli sforzi per riportare il Paese alla normalità coinvolgendo tutti gli attori internazionali. Salvini e l’ambasciatore hanno convenuto anche sull’impegno comune per contrastare il terrorismo. Nell’incontro si è parlato anche della collaborazione tra Roma e Pechino, della partecipazione della Cina al G20 e della telefonata di martedì prossimo tra il Presidente del Consiglio Italiano ed il Presidente Cinese.
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LA MELONI DICE NO ALL’ESERCITO EUROPEO
“Il punto non è l’esercito europeo. Il tema è a cosa serva una difesa comune senza una politica estera comune. Se l’Europa ne avesse avuta una avrebbe ragionato da tempo sulle conseguenze di un terremoto geopolitico come il ritiro dall’Afghanistan”. Lo dice la Leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni in un’intervista alla Stampa. “Il modello realizzabile è l’Europa confederale, non un super-Stato, ma un’Europa che faccia poche cose importanti e le faccia bene”, sottolinea.
“La politica estera, per dire. Sembra che a non essere federalisti si debba per forza essere anti-europeisti. Io, come il partito dei Conservatori europei di cui ho la guida, sono per la terza via. L’Europa delle patrie non è un’eresia, ci credeva già De Gaulle. Come si deciderebbe l’invio di missioni europee con il vincolo dell’unanimità? La Nato come funziona? E’ un organismo sovranazionale in cui per quanto sia stata finora sbilanciata verso gli Stati Uniti, si decide insieme”.
“Il meccanismo non può essere quello di piegare qualcuno, bisogna procedere per convergenza” conclude la Meloni secondo cui “la convergenza sulla politica estera europea sta nel fatto che ci troviamo geograficamente nello stesso posto. La chiave e’ un’alleanza di nazioni libere che scelgono insieme perché gli conviene e non perché vi sono costrette”.