Attorno alla sanità siciliana, negli ultimi venti anni, si è mossa con “sguardo avido” una parte “non irrilevante dei ceti professionali, pubblici e privati”. La sanità è stata “un bottino di guerra, una terra di mezzo da conquistare, un’occasione per fabbricare vantaggi economici e rendite personali”.
A denunciarlo, nell’”Inchiesta sulla sanità Siciliana-Le interferenze della politica e gli aspetti corruttivi”, è stata Commissione regionale antimafia siciliana presieduta dal deputato regionale Claudio Fava (nella foto), con una relazione approvata all’unanimità. “Ad intercettare la molestia e l’avidità di certi comportamenti è intervenuta, quando ha saputo, quando ha voluto, la magistratura. Raramente la politica – si legge nel documento presentato all’Ars – poche le denunce, pochissimi gli interventi in autotutela. È il dato più significativo che ci consegnano questi undici mesi di lavoro: un peccato di ignavia, nel più benevolo dei casi”.
Ma più spesso, per la Commissione regionale antimafia siciliana, si è trattato di una somma di “interessati silenzi”, che hanno messo la sanità dell’isola nelle condizioni “di essere costantemente contesa, occupata, maltrattata”, aggiungendo che “chi ha avuto cuore e libertà per denunciare spesso ne ha pagato un prezzo alto in termini di carriera e di isolamento”.
Per il presidente Claudio Fava e per i commissari, infine, “la stagione di governo che ha visto Lucia Borsellino alla guida della sanità regionale ed un nutrito nugolo di malversatori e presunti consigliori agitarsi alle sue spalle è una delle pagine meno degne di questi anni”.