Chissà che fine ha fatto la tanto decantata sanità italiana. Un tempo eccellenza mondiale, oggi fatica più di quanto ci aspettassimo nel reggere l’urto di una crisi che, è bene ricordarlo, non ha precedenti dal dopoguerra fino ai giorni nostri. Eppure se si mettono a fuoco numeri e date, si scopre quello che molti sembrano ignorare: dietro questa crisi degli ospedali italiani ci sono l’Ue e i nostri precedenti governi che, senza batter ciglio, hanno accettato ogni sforbiciata ai nostri conti pubblici. Del resto il leitmotiv è sempre stato “ce lo ha chiesto l’Europa” e si sa che loro ne sanno più di noi.
Almeno questo è quello che vent’anni di cattiva informazione e di politiche suicide ci hanno propinato, salvo poi svegliarci con l’incubo coronavirus e scoprire che forse le cose sono diverse. A conti fatti da quando nel 1992 abbiamo aderito a Maastricht, abbiamo versato all’Ue 150 miliardi di euro di cui ben 92 come contributi netti e 58 per il fondo salvastati (Mes). Denaro pubblico che è andato a chi ora non sta muovendo un dito per aiutarci quando, invece, ci avrebbe fatto comodo per poter potenziare la nostra sanità che riesce a reggere botta solo grazie agli straordinari medici e infermieri che la compongono. Basterebbe questo dato relativo a quanto abbiamo dato all’ Ue, ricevendo poco e nulla, per indignare ma si tratta solo della punta dell’iceberg.
Le cose, guardando i freddi numeri, sono ben peggiori. Vent’anni e più di tagli al motto “ce l’ha chiesto l’Europa” sono costati lo smantellamento del 15% dei nostri ospedali, del 32% dei posti letto e il licenziamento di migliaia di medici, infermieri e personale sanitario. Guarda caso proprio ciò di cui ora abbiamo disperato bisogno. A far paura è però il dato dei posti letto che in Italia nel 2000 erano 4,7 ogni 1000 abitanti mentre dal 2008 sono crollati a 3,2. Qualcuno potrebbe pensare che se la situazione italiana è questa, nel resto d’Europa le cose devono essere analoghe. Del resto ci troviamo in una comunità, europea appunto, e quindi tutti ci troviamo a compiere gli stessi sacrifici. Invece no.
La Francia ha 6 posti letto ogni mille abitanti, pari al doppio del nostro valore, e la Germania addirittura 8 ogni mille. Insomma i tagli sembrano essere andati se non a senso unico, sicuramente a nostro sfavore. Che tali sforbiciate siano vere lo conferma il report 2019 della fondazione Gimbe in cui si sostiene che in un decennio sono stati tolti 37 miliardi alla sanità italiana, di cui 25 nel 2010-2015 per le manovre finanziarie e 12 miliardi nel 2015-2019 per le minori risorse destinate alla sanità per esigenze di finanza pubblica. Una cifra mostruosa che ha causato la chiusura di 70 mila posti letto e di 359 tra reparti e piccoli ospedali.
SILENZI PESANTI
Proprio questa operazione di macelleria sociale sembra essere il motivo per cui nessuno dall’Ue, nemmeno il neo presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, sembra voler o sapere cosa dire. Ancora una volta sono i numeri a rendere più chiara la situazione perché costruire un ospedale costa circa 105 milioni di euro e se avessimo a disposizione i 150 miliardi già versati all’Europa, in vent’anni avremmo potuto costruire 500 ospedali e assunto decine di migliaia di medici e infermieri con cui, è sicuro, l’emergenza coronavirus sarebbe stata sicuramente più gestibile.