Una sanità in stato comatoso. A dir poco comatoso. Basti questo: nel 2016 tre famiglie su 10 hanno ritardato o rinunciato alle cure. Questo è quel che emerge dal 14/mo Rapporto annuale “Ospedali & Salute 2016”, presentato oggi a Roma dall’Associazione Italiana Ospedalità Privata (Aiop).
Dall’indagine condotta quest’anno sui care-giver emerge come il 16,2% delle famiglie italiane ha infatti rimandato una o più prestazioni nel 2016 (fenomeno che ha coinvolto tra 4 e 8 milioni di persone) e che il 10,9% delle famiglie ha invece rinunciato a curarsi, (con 2,7-5,4 milioni di persone interessate). La causa è presto detta. Dal 2009 al 2015 sono aumentati infatti i costi a carico dei cittadini, con le visite intramoenia a pagamento presso gli Ospedali pubblici cresciute del 21,9%, i ticket per le prestazioni aumentati del 40,6% e i ticket per i farmaci del 76,7%. Tutto ciò, sottolinea il rapporto, “ha spinto i pazienti a rimandare o a rinunciare alle cure, a cercare soluzioni alternative presso le strutture private, accreditate e non; a ricorrere a strutture ospedaliere presenti in altre regioni rispetto a quella di residenza”. “La rinuncia alle cure – commenta Gabriele Pelissero, presidente Aiop – alimenta le preoccupazioni sul possibile peggioramento nel medio periodo dello stato di salute della popolazione, comportando in futuro ripercussioni negative anche sui costi”.
Il rapporto racconta il duplice danno per i cittadini che, oltre all’aumento dei costi, subiscono anche il progressivo degrado di una sanità pubblica che ha visto ridursi posti letto (-9,2%), ricoveri (-18,3%), giornate di degenza (-14%) e personale (-9%). “Tutto ciò ha spinto i pazienti a cercare soluzioni alternative presso le strutture private, accreditate e non; a ricorrere a strutture ospedaliere presenti in altre regioni rispetto a quella di residenza; addirittura a rimandare o a rinunciare alle cure”, precisa l’indagine, che ha evidenziato come nel triennio 2012-2014 la spesa sanitaria italiana rispetto al prodotto interno lordo (6,8%) sia stata inferiore a quella degli altri Paesi del G7 (8,2%).