Il governatore uscente dell’Abruzzo, Marco Marsilio, candidato dal centrodestra per il bis alla guida della Regione, parte all’attacco, con un’evidente caduta di stile per il tono e il linguaggio usati, del candidato del centrosinistra, Luciano D’Amico. Il terreno di scontro questa volta è la Sanità. “Luciano D’amico è un bugiardo che cita dati in maniera strumentale. Non stimo chi dice le bugie. È facile fare lo sciacallo sui pronto soccorso, sulle liste d’attesa. Dietro la faccia del professore compassato c’è la vecchia classe dirigente del Pd, in particolare Luciano D’Alfonso che ora è il suo principale sostenitore. Bisogna che gli elettori capiscano per quale Luciano si vota”, parte a testa bassa l’uomo di Giorgia Meloni.
Ma D’Amico si era limitato ad ammettere un dato di fatto. “Non c’è persona in Abruzzo che non abbia un racconto diretto, familiari o amici, di brutte esperienze al pronto soccorso, di rinuncia alle cure o di esami fissati un anno dopo. Eppure ci sono le condizioni per fare meglio: io stesso ho tre bypass grazie a un chirurgo che è tornato a lavorare a Chieti da Londra”, ha dichiarato l’ex rettore di Teramo.
Sanità in Abruzzo, carta canta
Ma come stanno veramente le cose? I dati, da quelli forniti dall’azienda sanitaria regionale ai numeri del Crea (Centro per la ricerca economica applicata), ci dicono che la sanità pubblica in Abruzzo non se la passa affatto bene, checché ne dica Marsilio. Secondo i dati che arrivano dall’azienda sanitaria regionale, che sono quelli che poi comunica all’Agenas, le prestazioni sanitarie sono calate in tutte le città abruzzesi. Relativamente agli ultimi dati disponibili del 2022 queste sono scese in tutte le città.
Per esempio se a Pescara sono scese “solo” del 3,97%, all’Aquila hanno fatto segnare un meno 18,43% e a Lanciano addirittura una flessione del 30,54%. Poi ci sono i dati sulla mobilità. Quella attiva identifica l’indice di attrazione di una Regione, ovvero le prestazioni sanitarie erogate a cittadini non residenti. Quella passiva esprime invece l’indice di fuga da una Regione, ovvero le prestazioni sanitarie erogate ai cittadini in Regione diversa da quella di residenza.
Dal punto di vista economico, per le Regioni la mobilità attiva rappresenta una voce di credito e quella passiva una voce di debito, dal momento che la Regione che eroga la prestazione viene rimborsata da quella di residenza del cittadino. Ebbene il saldo della mobilità passiva, alla fine dei cinque anni di Marsilio, in Abruzzo si attesta a circa 108 milioni di euro. E non è finita. Secondo i dati preliminari del ministero della Salute, relativi al 2022 e pubblicati sul sito Quotidiano Sanità, più della metà delle regioni italiane non garantisce le cure sanitarie essenziali: solo 9 su 21 riescono a farlo mentre 12 presentano valori sotto la soglia in almeno una delle tre macroaree prese in esame, ovvero Area prevenzione, area distrettuale e Area ospedaliera. Il Veneto è la Regione con i risultati migliori, seguito dall’Emilia Romagna e dalla Toscana. Bene anche la Lombardia e la provincia autonoma di Trento. Ma tra le regioni che hanno numeri sotto la sufficienza in uno degli indicatori troviamo Bolzano, Liguria, Lazio, Molise e, appunto, l’Abruzzo tutte nella ‘Prevenzione’.
Vane promesse
A ciò si aggiunga che solo alla fine del 2023 questa giunta ha portato in consiglio il piano di riordino della rete ospedaliera, ovvero quello che doveva essere fatto sulla base del decreto Lorenzin che prevede la riorganizzazione della rete ospedaliera in Dea di secondo livello, vale a dire super ospedali che hanno tutte le funzioni mediche tempo-dipendenti, che riguardano cioè tutte quelle patologie in cui il tempo gioca un fattore chiave, dall’ictus all’infarto. Questo piano di riordino, dunque, ha visto la luce, almeno sulla carta, solo alla fine del mandato di Marsilio. Che ha preso forma con la decisione della giunta di mandare la palla sugli spalti. In che senso? Marsilio ha ottenuto grazie alla filiera di cui gode, a livello locale e nazionale, la deroga di poter rinviare la scelta più delicata, che dal punto di vita campanilistico e politico sarebbe stata la più compromettente, ovvero quella di individuare i due Dea di secondo livello di cui ha diritto l’Abruzzo.
La testimonianza sulla sanità abruzzese
“La sanità abruzzese non è a pezzi: è oltre quelli che sono i pezzi”, dice a La Notizia Francesco Taglieri, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Consiglio Regionale. “Soltanto la Asl 02 (quella Lanciano-Vasto-Chieti, ndr) ha un buco di oltre 40 milioni di euro se non si attesta a quasi 50. Il saldo della mobilità passiva si attesta a circa 108 milioni di euro, un abruzzese su tre ha rinunciato alle cure. Nel 2018 e nel 2019 l’Abruzzo – sono dati Crea – era al 14esimo posto per i livelli essenziali di assistenza. Oggi è al 19esimo, questo vuol dire che ha perso cinque posti all’interno di quella che è la garanzia dei servizi. Ed è l’ulteriore prova che in questi anni il modello Abruzzo di Marsilio è stato fallimentare. Se oggi lei prova ad andare in un Cup ci vogliono 480 giorni per una colonscopia, 440 per una mammografia e per una risonanza non ci sono neanche i calendari. La maggior parte delle prestazioni specialistiche vengono erogate dal privato convenzionato che va oltre i tetti di spesa e 35mila abruzzesi vanno a farsi curare altrove”. Insomma “siamo ai limiti del commissariamento”, conclude amaro Taglieri.
Per dirla con Giulio Sottanelli, deputato abruzzese di Azione, “più si avvicina la data del voto in Abruzzo, più cresce il nervosismo del governatore Marsilio. Che tanto tranquillo non deve essere, visto il modo in cui reagisce alle critiche al suo pessimo operato. Dà del bugiardo a D’Amico, che quando denuncia il disastro in cui versa la Sanità abruzzese lo fa invece dati alla mano, riprendendo numeri che provengono per lo più da documentazione prodotta dalla Giunta e dal Consiglio regionale”.