L’Italia ha un problema. O meglio, ne ha parecchi ma uno spicca per il suo carattere paradossale e per l’incredibile capacità di passare sotto traccia: 90.000 migranti stanno aspettando da quattro anni il permesso di soggiorno, intrappolati in un limbo giuridico che è una vera e propria condanna.
Il report della campagna “Ero Straniero“, aggiornato al 2024, fa emergere numeri spietati. Di oltre 220.000 domande di regolarizzazione presentate nel 2020, solo il 74,8% è stato esaminato, e un misero 59% ha ricevuto un esito positivo. Parliamo di persone, non di numeri su un foglio di calcolo: lavoratori, famiglie, esseri umani che da quattro anni aspettano un documento che dovrebbe essere una formalità. E invece no, in Italia una formalità si trasforma in un calvario amministrativo.
Un disastro annunciato: la crisi degli uffici dell’immigrazione
Il sistema è collassato sotto il peso delle sue stesse inefficienze. Si è proceduto come se l’urgenza del momento, la pandemia e il caos che ne è seguito, fossero una buona scusa per nascondere sotto il tappeto le debolezze di un apparato pubblico incapace di gestire la complessità. Ma non si tratta di una “crisi inaspettata”. La carenza di personale negli uffici che gestiscono l’immigrazione è cronica e ben nota da anni. “Ero Straniero” non usa mezzi termini: “Un disastro annunciato”. E come dargli torto? Nel 2020, il governo aveva provato a tamponare la situazione assumendo personale interinale, ma si è trattato di un palliativo inutile. Oggi, a quasi cinque anni dall’inizio della sanatoria, gli uffici sono svuotati e le pratiche accumulate.
C’è il caso di Roma, che sembra una barzelletta, ma non fa ridere. Nel 2023, solo il 55% delle domande era stato lavorato. Il dato più agghiacciante? Tra le pratiche esaminate nell’ultimo anno, quasi l’85% è stato rigettato. Poiché non è credibile che migliaia di migranti abbiano commesso errori nei loro documenti o non si siano presentati, è evidente che c’è qualcosa che non va nel meccanismo. Più che sanatoria, sembra una trappola
A Milano la situazione non è migliore ma qui almeno qualcuno ha deciso di reagire. Alcune associazioni hanno promosso una class action contro la Prefettura. Risultato? Il Tribunale amministrativo ha condannato il Ministero dell’Interno per il ritardo sistemico. Ma attenzione, anche dopo la sentenza, non è cambiato granché.
La Cgil, per voce di Kurosh Danesh, ha definito il sistema “un disastro”. E non c’è definizione più accurata. Gli stessi sindacati hanno ripetutamente denunciato come l’utilizzo di personale interinale non fosse sufficiente a smaltire il carico di lavoro. Per non parlare del fatto che i contratti interinali, già scaduti da tempo, non sono stati rinnovati.
Ma qui non parliamo solo di burocrazia: la vita di 90.000 persone è appesa a un filo. Persone che lavorano, che hanno famiglie e che, senza un permesso di soggiorno, vivono in una continua precarietà. Senza quel pezzo di carta, non possono aprire un conto in banca, non possono accedere ai servizi di base, non possono nemmeno lasciare il Paese per far visita ai propri familiari.
Diritto negato: altro che sanatoria, vite sospese in attesa di un documento
E mentre le istituzioni si perdono nei meandri delle pratiche inevase, il sistema produttivo italiano continua a chiedere manodopera. L’economia ha bisogno di queste persone ma sembra che nessuno voglia davvero accoglierle. Invece di riformare il sistema di ingresso per il lavoro si continua a fare affidamento su misure straordinarie, sanatorie temporanee che non risolvono nulla ma aggiungono solo caos.
La campagna “Ero Straniero” lo dice chiaramente: serve una riforma. Servono meccanismi di regolarizzazione permanenti, su base individuale. La verità è che questo Paese ha costruito la sua economia sull’irregolarità, e ora non sa come uscirne. Le sanatorie sono l’ennesima toppa su un sistema che fa acqua da tutte le parti.