Mette le mani avanti, Matteo Salvini, e dopo la riunione di ieri del Consiglio federale del partito in via Bellerio a Milano – arrivata dopo la débâcle in Emilia Romagna – tiene a precisare che la Lega “è e rimane un movimento compatto, dove ogni decisione è stata presa all’unanimità”. Archiviati come “ricostruzioni giornalistiche” i malumori e i dissidi interni, riorganizza le fila, commissaria la vecchia “Lega Nord” e inizia dar corpo a quello che sembra essere una sorta di governo ombra per marcare a uomo l’esecutivo Conte. “Entro settimana prossima completeremo la squadra dei dipartimenti che serviranno a strutturare e uniformare il nostro messaggio”, annuncia il leader. Aggiungendo che mancano tre o quattro caselle ma sostanzialmente ci siamo: “Ci sarà Giancarlo Giorgetti che si occuperà di Esteri, Luca Coletto di Sanità, Lucia Borgonzoni di Cultura, Arte Cinema, Edoardo Rixi di Infrastrutture, Alessandra Locatelli di disabilità. E a Roma il 17 febbario ci sarà la prima riunione di tutti i 200 amministratri regionali della Lega che faranno battaglie comuni da nord a sud su sanità ambiente, case popolari”.
Ma al di là della riorganizzazione del partito ciò che preme a Salvini è anche piazzare le sue pedine nei prossimi appuntamenti elettorali, sia per le regioni al voto nella prossima primavera che per i candidati a sindaco delle due più importanti città italiane, Roma e Milano, alle urne nel 2021. Anche perché nel corso della riunione in Bellerio si è ragionato sui motivi che hanno portato alla sconfitta di domenica e quello che è emerso dall’analisi del voto in Emilia Romagna e Calabria è che la Lega deve “far meglio nel dialogo con le grandi città”. Forse il leader della Lega dovrebbe preoccuparsi di dialogare “meglio” anche con i suoi alleati visto ieri ha ribadito ai suoi che non intende accettare i nomi di Raffaele Fitto e di Stefano Caldoro come candidati in Puglia e in Campania: il vertice a tre con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, che dovrebbe tenersi la prossima settimana, si preannuncia infuocato.
Il rischio è quello di una seria frattura, anche perché i patti siglati a fine novembre sembravano ormai aver sancito un’intesa. La motivazione ufficiale è che Salvini non vuole due candidati considerati “vecchi” e che hanno già perso in passato le elezioni regionali contro il centrosinistra, in realtà il discorso ha molto più a che fare con la strategia politica che con la “novità” dei candidati: Luca Zaia (che comunque non ha ancora sciolto la riserva sulla sua disponibilità al terzo mandato), ragionano dalle parti del Carroccio, vince a prescindere dall’apporto degli alleati mentre a Salvini la grana di dover mettere la faccia in un territorio difficile come la Toscana, con una sinistra rinvigorita dopo la vittoria di Stefano Bonaccini. Dunque – questo il ragionamento del Capitano – che senso avrebbe prendersi una regione quasi sicuramente perdente e contribuire al successo di Forza Italia e Fratelli d’Italia in regioni contendibili come Campania e Puglia? Si preannunciano scintille. E tavoli rovesciati.