Dolcevita in lana e giacca di velluto a coste color havana, ha scelto un look casual ieri mattina Matteo Salvini per accomodarsi in un salotto tv dove evidentemente si sente a casa, quello di Uno Mattina su Rai 1, rete diretta da Teresa De Santis molto apprezzata dal leader dalla Lega, e dove è approdato il suo biografo Roberto Poletti in concomitanza con l’ascesa del Carroccio al governo. Un optimum, dunque. Tant’è che nè l’ex giornalista Mediaset nè la co- conduttrice Valentina Bisti, in quota Tg1, hanno ritenuto opportuno replicare o prendere le distanze dall’ex ministro quando ha annunciato in diretta di voler arrestare il presidente del Consiglio Giuseppe Conte (di cui è stato vice fino a pochi mesi fa).
Ha usato un periodo ipotetico Salvini, per carità, ma il messaggio è arrivato a casa forte e chiaro. Sulla principale rete del servizio pubblico, senza contraddittorio. Questa la frase esatta: “Non vorrei che Conte avesse venduto la nostra sovranità per tenersi la poltrona. Se fosse andata così, allora saremmo di fronte ad alto tradimento. E, in pace come in guerra, è un reato punibile con la galera”.
Il riferimento è al tema delle modifiche al Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità, il cosiddetto Fondo salva stati) cioè un meccanismo permanente di stabilizzazione finanziaria creato nel 2011 per far fronte agli choc innescati dalla crisi del debito sovrano nell’Eurozona, grazie al quale si mettono a disposizione risorse finanziarie ai Paesi in difficoltà, ma solo a condizione che sia rispettato un piano di risanamento economico elaborato dalla Commissione europea, dal Fondo monetario internazionale e alla Bce. Salvini aveva già accusato nei giorni scorsi il premier di aver firmato “di notte, di nascosto, un fondo ammazza-Stati” e a stretto giro era arrivata la replica da Palazzo Chigi, puntualizzando come la riforma non fosse stata ancora sottoscritta né dall’Italia né dagli altri Paesi. E ricordando peraltro che la stessa fosse stata discussa in sede europea a giugno, con la maggioranza M5s-Lega e che “il senatore Salvini, all’epoca vicepresidente e ministro dell’Interno, avrebbe dovuto prestare più attenzione per l’andamento di questo negoziato.
In ogni caso un vertice di maggioranza sulla questione, che ha visto contrapporsi Leu e M5s contrari alla firma e Pd e Italia viva più disponibili, si è svolto ieri mattina e il premier stesso riferirà in Parlamento il 10 dicembre. Ma al di là della questione in oggetto, sono mesi che i due – Salvini e Conte – non si risparmiano stilettate, da quel fatidico 20 agosto quando Conte lanciò in Senato un pesantissimo j’accuse nei confronti del leader della Lega, reo di aver provocato la crisi. A seguire, attacchi reciproci su tutto, dai i rapporti con la Russia – Russiagate / intelligence da una parte e affaire Moscopoli/Savoini dall’altra – fino appunto alla recente querelle sul Mes. Con il Capitano che ogni giorno invoca le urne per mettere fine ad “governo illeggittimo nato da un accordo di Palazzo”.
Persino le regionali, da quelle in Umbria vinte dal centrodestra fino alle prossime, cruciali, in Emilia Romagna, sono utilizzate da Salvini come puntello per la durata dell’esecutivo: “Conte non capisce più come si chiama, basta vederlo quando viene in tv: prima si vota meglio è”, ha ribadito anche ieri mattina nel corso dell’intervista su Rai Uno, chiedendo di organizzare proprio in quella sede un confronto con Conte, sicuro che quest’ultimo sul Mes “farebbe la figura del bugiardo o dello smemorato”. Chissà se il capo autore di Uno Mattina, Marco Ventura, che riveste anche il ruolo di portavoce del presidente della Rai indicato dalla Lega, Marcello Foa, accetterà il suggerimento.