Sembra proprio che il metodo Morisi si applichi a tutti tranne che al suo creatore. Questo almeno è quanto traspare dal comportamento di Matteo Salvini che in queste ore, dopo l’indagine per droga che ha coinvolto il suo ex spin doctor (leggi l’articolo), da un lato continua ad attaccare pusher e consumatori di stupefacenti mentre dall’altro difende il suo fedelissimo su cui, a suo dire, è in corso un attacco mediatico. Così in una sola giornata accade che andando a spasso per Milano al fianco del candidato sindaco del centrodestra Luca Bernardo continui la sua crociata a tutto tondo contro le droghe, mentre poche ore dopo difenda Luca Morisi tendendogli la mano e proteggendolo dagli attacchi, a suo dire, mediatici e rispolverando addirittura l’evergreen della giustizia a orologeria.
UN PIEDE IN DUE SCARPE. Che Salvini stia pericolosamente tenendo il piede in due scarpe, una giustizialista e manettara nei confronti dei pusher e l’altra comprensiva verso l’amico in difficoltà, è ormai una certezza che non può che creare interrogativi. Del resto appare davvero impossibile conciliare il buonismo verso il suo ex spin doctor con quanto detto lo stesso giorno a Milano quando ha sostenuto: “la Droga? Chi la spaccia è un delinquente, chi la usa è un cretino”. Una frase forte che, visto quanto sta accadendo in via Bellerio, ha fatto alzare la manina a qualche giornalista che ha chiesto se non avesse cambiato idea sulla famosa citofonata shock al presunto spacciatore a Bologna, avvenuta alle passate elezioni regionali.
Ma il Capitano, parafrasando un detto popolare ‘forte con i deboli e debole con gli amici’, ha tenuto la barra dritta sostenendo di non essere pentito “perché hanno arrestato degli spacciatori. Lì c’erano degli spacciatori che sono stati arrestati. Non andiamo a caso. Diciamo che sono stato ministro dell’Interno e qualche contatto con le forze dell’ordine ce l’ho”. Insomma il solito Salvini che, però, parlando di Morisi fa una capriola e si trasforma nel più intransigente dei garantisti.
Sul caso che sta travolgendo il suo fedelissimo si è detto “sono disgustato dalla schifezza mediatica” a cui sta assistendo e “che condanna le persone senza che ci sia un giudice o un tribunale a farlo, prima che sia un giudice a provare qualsiasi cosa”. In altre parole si lamenta di ciò che la Bestia, la macchina social dietro i suoi successi mediatici in politica, ha fatto sin dal suo debutto, non esitando a cavalcare qualsiasi caso pur di accalappiare qualche like.
DUE PESI E DUE MISURE. Un episodio emblematico è quello di quando su Twitter il Capitano (leggi l’articolo), rispondendo alle critiche sulle sue idee sui migranti, scrisse che “da Lapo Elkann (arrivano, ndr) dichiarazioni stupefacenti”. Si trattava di un chiaro riferimento alla dipendenza contro cui ha lottato l’imprenditore al quale, è bene chiarirlo, non è mai stata contestata l’accusa di cessione di stupefacenti come invece è accaduto a Morisi, e ben prima che si celebrasse chissà quale processo o indagine. Ma per difendere il suo fedelissimo e cercare di creare confusione, il Capitano va oltre e rispolvera – seppur velatamente – la più classica delle baggianate di chi è a corto di idee, ossia la giustizia a orologeria.
“Non c’è reato” sentenzia sempre ieri Salvini secondo cui “è una vicenda che riguarda la sfera privata, chi spaccia è un reato chi la consuma è un errore”, frase che sconfessa quanto fatto già con Elkann. Ma secondo Salvini la realtà sarebbe nient’altro che quanto sta avvenendo “mi sembra un attacco gratuito alla Lega a 5 giorni dal voto”.