Chi si ferma è perduto. Archiviate le regionali, Matteo Salvini getta il cuore oltre l’ostacolo e programma le prossime mosse. Per prima cosa annuncia le tredici tappe, da nord a sud, di quello che ha battezzato il “giro d’Italia” che intende fare nel mese di febbraio e intanto stasera farà tappa proprio nella regione andata al dem Stefano Bonaccini, con la “festa di ringraziamento” al mercato di Vignola, nel Modenese. Ma prima ha convocato, per le 13, il Consiglio federale della Lega nel quartier generale di via Bellerio a Milano. All’ordine del giorno il punto sulle elezioni regionali e l’organizzazione del movimento: evidentemente si è reso conto che la strategia dell’uomo solo al comando inizia a mostrare qualche crepa.
Nonostante i proclami del tipo “rifarei tutto”, anche la scena del citofono che tante critiche gli ha attirato contro, forse è tempo di ripensamenti. La Lega è ancora saldamente il primo partito italiano e con una forza numerica sul territorio notevole – 8 regioni su 9 sono a guida centrodestra – ma oggi l’elettorato è fluido e il consenso volatile. La parabola di Matteo Renzi e quella del Movimento 5Stelle ne sono un esempio plastico. Detto ciò, Salvini nella riunione di oggi si appresta a varare una sorta di “governo ombra”, in sostanza dei responsabili di settore che faranno riferimento direttamente al segretario federale.
Nulla di così rivoluzionario dunque, perché i nomi che trapelano sono quelli di suoi fedelissimi che mai si permetterebbero di dissentire sulla linea o quantomeno di provare a consigliare il capo affinché non prenda decisioni controproducenti, come, appunto, è avvenuto in quest’ultima campagna elettorale in Emilia Romagna. Dove gli errori tattici sono stati evidenti: toni troppi alti, aver puntato tutto su temi nazionali e sull’obiettivo della spallata al Conte bis e aver personalizzato all’estremo sostituendosi di fatto ad una candidata già debole di suo. Ma fedelissima.
Come appunto lo sono i capi dipartimento che oggi verranno designati. A parte il solito Giancarlo Giorgetti – che dovrebbe occuparsi di Esteri vista la sua proverbiale diplomazia – che gode di un certo livello di autonomia, gli altri nomi che circolano sono più o meno quelli di “creature” salviniane. Da Nicola Molteni, già suo sottosegretario all’Interno, che si occuperà di Sicurezza e Immigrazione, a Edoardo Rixi, ex sottosegretario al Mit, come capo dipartimento Infrastrutture e Trasporti. Per non parlare dell’ex sindacalista Claudio Durigon, che deve interamente a Salvini la sua nomina a sottosegretario al Lavoro nel governo gialloverde.
Nell’organigramma del governo ombra dovrebbe avere il ruolo di responsabile Occupazione, Previdenza e relazioni con le parti sociali. Qualche parvenza di autonomia di giudizio potrebbe arrivare da Giulia Bongiorno (che ovviamente si occuperà di giustizia) che, non occorre dirlo, brilla di luce propria e dai leghisti di vecchio corso Dario Galli, ex viceministro dello Sviluppo Economico nel Conte I, che dovrebbe ottenere la responsabilità delle crisi industriali e Massimo Garavaglia, ministro ombra del Tesoro.