I ministri Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia, ma anche Roberto Calderoli, da una parte, che versano per la vecchia Lega Nord. Ogni mese, puntualmente, entrano nelle casse del partito i bonifici da tremila euro. Sull’altro fronte c’è invece il leader Matteo Salvini, con la maggioranza dei dirigenti, che destinano il contributo economico al partito gemello, la Lega per Salvini premier: stessa cifra, ma soggetto e simbolo diverso, seppure sotto lo stesso tetto politico, guidato sempre dal Capitano.
Un’evidenza che sancisce l’esistenza pratica delle due leghe, una che guarda al nord, al ceto produttivo ed è fervente sostenitrice del governo Draghi, fino ad applaudire all’introduzione e all’estensione del green pass. E l’altra Lega che porta avanti posizioni sovraniste, dalle battaglie no-euro (poi accantonate) a quelle più recenti contro le restrizioni imposte dalla pandemia di Covid-19.
SLEGATI. Non a caso, proprio sul rafforzamento della certificazione verde, c’è stata una lacerazione. Tanto che l’eurodeputata Francesca Donato ha deciso di uscire dal partito (leggi l’articolo), attaccando: “Prevale la linea di Giorgetti”. Troppo per le sue posizioni contrarie vicine ai no-vax. A condividere le sue idee ci sono tanti altri malpancisti, a cominciare dal deputato Claudio Borghi e del senatore Alberto Bagnai, che però sono ancora nella Lega.
Così se l’ipotesi di strappo definitivo è stata rinviata dopo i ballottaggi per le Amministrative, la scissione leghista potrebbe essere già iniziata nelle casse, nei soldi versati mensilmente dai parlamentari. La Lega, infatti, riceve tremila euro, ogni mese, dagli eletti, per rimpinguare i bilanci e consentire le attività politiche. Una pratica comune a tutti i partiti. Ma nel caso specifico esistono due diversi soggetti: la Lega Nord, fondata da Umberto Bossi nel 1991, e la Lega per Salvini premier, creata nel 2017, sull’onda dell’ambizione di diventare un partito nazionale.
Di fatto la Lega Nord, il vecchio Carroccio, è diventata la bad company, con il fardello dell’inchiesta sui 49 milioni di euro (che stando alle ultime notizie potrebbe essere archiviata) ed emblema di un progetto superato politicamente dopo il posizionamento sovranista di Salvini. Che per questo ha fondato l’altro soggetto, rifacendo tutto da zero. Così, da anni, la Lega Nord ha perso il sostegno economico dei parlamentari, vedendo diminuire costantemente gli introiti. Alcuni, però, non hanno mai fatto mancare il loro supporto: tra loro ci sono Giorgetti e Garavaglia.
I due ministri, oggi indicati come il motore dell’ala governista, dal 2019 (da quando vengono rendiconti i versamenti) hanno sempre creduto nel vecchio Carroccio. Tuttora, mentre sibilano i venti di scissione, versano i soldi alla struttura partitica che fu di Bossi, tenendola di fatto in vita. E insieme a loro figurano altri esponenti leghisti: sorprende che il tesoriere del partito, Giulio Centemero, si accodi con il contributo alla Lega Nord. Altri nomi di rilievo sono il deputato Igor Iezzi, il senatore Roberto Calderoli e gli europarlamentari Angelo Ciocca e Mara Bizzotto.
Al di là dei nomi, i numeri parlano chiaro: solo a luglio sono arrivati circa 60mila euro nelle casse del vecchio Carroccio, grazie ai versamenti di Giorgetti&Co. Cifre che sicuramente non possono competere con la Lega per Salvini premier, che invece può contare sulle donazioni della stragrande parte degli eletti leghisti. Una lunga lista che include Borghi e Bagnai, ma anche tanti altri, come i capigruppo di Camera e Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo. E chissà che tra le due leghe, alla fine, non si arrivi a una separazione. Del resto i simboli diversi già sono a disposizione: non ci sarebbe bisogno di rifare un partito daccapo.