Il disegno di Matteo Salvini è chiaro: accreditarsi con Mario Draghi come referente di quello che lui stesso da tempo definisce il ‘centrodestra di governo’, progetto che prevede la federazione con Forza Italia e coi partiti minori della coalizione (da molti letta come un tentativo di annessione, incassando già il no di Toti) con se stesso, ça va sans dire, nella veste di leader maximo. In quest’ottica va inquadrato l’incontro che ieri il segretario della Lega ha avuto col premier, a pochi giorni di distanza dal colloquio dell’ex Bce con la leader dell’opposizione (e alleata di Salvini nel ‘centrodestra di coalizione’) Giorgia Meloni.
Nelle intenzioni di Salvini, alla base dell’idea federativa, ci sarebbe la volontà di “Parlare con una sola voce”, con un maggior coordinamento dell’attività in Parlamento e con “un progetto di unità utile per rafforzare l’azione dell’esecutivo in Italia e in Europa”. E a proposito di Europa è evidente che Salvini sia da una parte alla disperata ricerca di un appeal moderato per uscire dall’isolamento, vista la freddezza con la quale è stata accolta la sua proposta di fare un fronte comune di tutte le destre a Bruxelles, e dall’altra la necessità altrettanto impellente di arginare in qualche modo l’ascesa costante di FdI, accreditato nei sondaggi a meno di due punti dalla Lega.
“Col presidente del Consiglio parlo di Italia, non di partiti. Della federazione ne parlo adesso con i dirigenti della Lega”, mette le mani avanti l’ex ministro dell’Interno al termine del colloquio di un’ora e mezzo col premier a Palazzo Chigi, spiegando ai cronisti di aver di discusso “Della situazione economica del Paese, del blocco dei licenziamenti, di immigrazione e di riforme”. In particolare su un tema assai caro ai leghisti (e alla destra in generale), quello dei migranti, Salvini ha dichiarato che “L’Italia non può essere lasciata sola, trattata come il campo profughi d’Europa, quindi la condivisione con gli altri paesi Ue e la collaborazione con paesi africani è fondamentale, siamo assolutamente in linea con il presidente Draghi, speriamo che non ci siano egoismi”.
Ma in ogni caso anche ieri Salvini non ha esitato a parlare del progetto della federazione, spiegando che “Il covid insegna che uniti si vince” e che “Anche la politica ha il dovere di unirsi, per perdere meno tempo, deve essere più concreta, rapida” e dunque “Avanti con questa proposta”. A chi gli chiedeva se l’idea fosse quella di gruppi parlamentari uniti, Salvini ha risposto che “Vogliamo semplificare la vita degli italiani, la politica e il governo. Più uniti e compatti siamo meglio è”.
Ma si sa, la strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni e anche ieri non sono mancate prese di distanza da vari esponenti forzisti: l’idea di ‘morire salviniani’ è assai indigesta alle ministre Gelmini e Carfagna (“Continuo a credere che dobbiamo lavorare per un centrodestra unito ma non è un’operazione che si può fare con un blitz, con un tweet e neppure con un’intervista”, ha commentato la ministra per il Sud sottolineato come la proposta fatta da Salvini sia “irricevibile in questa modalità”) ma non sono le sole: da Elio Vito (“è un’idea sbagliata” ad Andrea Cangini (“O la Lega cambia e diventa liberale o è un annessione”) le perplessità sono evidenti.
Ancor più esplicito Fabrizio Cicchitto, esponente storico di FI, già coordinatore nazionale azzurro nel 2001, che considera la proposta della Lega “La mossa disperata di chi vuol mantenere i piedi in due staffe: restare di destra senza cedere consensi a Fdi e nello stesso tempo, continuare a sedere nella stanza dei bottoni con un volto più moderato” e invita gli azzurri e Berlusconi a non farsi incantare dal Capitano.