Dopo le recenti batoste elettorali, Matteo Salvini è alla disperata ricerca di consensi e per farlo è disposto a tutto anche a mettere i bastoni tra le ruote alla maggioranza a suon di promesse irrealizzabili. Un modus operandi del Capitano che non fa che strizzare l’occhio all’estrema destra, non ultimo con il sostegno incondizionato al generale Roberto Vannacci di fatto creando non pochi grattacapi al ministro della Difesa Guido Crosetto e alla premier Giorgia Meloni, che sondaggi alla mano non sta portando alla rinascita del Carroccio che rimane stabile attorno al 10 per cento.
Dopo le recenti batoste elettorali, Salvini è alla disperata ricerca di consensi e per farlo è disposto anche a mettere i bastoni tra le ruote alla maggioranza
Cosa ancor più grave, però, è che il segretario in questo modo non sembra riuscire nemmeno a compattare un partito che di giorno in giorno mostra crepe al punto che diverse voci parlano di un crescente malumore che sta alimentando una fronda interna da parte della cosiddetta area governista, insofferente davanti alle tante sparate che stanno minando la solidità del Centrodestra, capitanata dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e dal presidente del Veneto Luca Zaia.
Improbabile una ricandidatura Zaia alla guida del Veneto
Proprio sulle mosse del governatore si stanno concentrando le attenzioni di molti tanto che fonti interne fanno sapere a La Notizia che ritengono improbabile una sua ricandidatura alla guida del Veneto perché bisognerebbe modificare la norma sul tetto dei due mandati, cosa che a via Bellerio viene ritenuta improbabile, e che sta circolando insistentemente la voce di una sua possibile candidatura alle elezioni europee del prossimo anno che, se dovesse concretizzarsi, potrebbe convincerlo a smarcarsi con decisione dalla linea del Capitano. Insomma nel partito la tensione è alta ed è iniziata la corsa a riposizionarsi.
I sindaci leghisti del Veneto parlano di “elettori delusi” per le tante promesse mancate
Del resto che i mal di pancia siano evidenti lo lascia pensare anche la rivolta dei sindaci leghisti del Veneto – e in seconda battuta di tutto il nord – che da giorni sono sul piede di guerra e parlano di “elettori delusi” per le tante promesse mancate da parte di questa maggioranza e di Salvini. Come noto il tema su cui battono con maggiore insistenza è quello legato alle politiche migratorie che non stanno di certo andando incontro alle promesse elettorali del leader di via Bellerio che prometteva il ritorno alla politica dei ‘porti chiusi’, tanto da aver intrapreso un braccio di ferro con la Meloni per far assegnare il Viminale al prefetto Matteo Piantedosi, e che invece si ritrovano davanti sia l’aumento degli sbarchi – più che raddoppiati rispetto a un anno fa –, sia la politica di accoglienza diffusa portata avanti dal ministro dell’Interno in quota Lega.
Emblematiche in tal senso sono state le posizioni espresse nei giorni scorsi da tanti sindaci leghisti. Alessandro Canelli, primo cittadino di Novara ha detto che “qui da noi non c’è spazio per nuovi Cas. Va trovata una soluzione a livello nazionale, subito, prima che scoppi il casino vero”, mentre il sindaco di Noventa Padovana Marcello Bano ha detto chiaro e tondo che non parteciperà più “a incontri a tema accoglienza diffusa, siano questi convocati dall’Anci o dalla Prefettura. L’emergenza immigrazione non è una competenza dei sindaci, ci pensi il Governo e ne risponda agli elettori che l’hanno votato”.
E anche i sondaggi non promettono bene
Ancor più forte la presa di posizione di Graziano Lorenzetti, sindaco di Legnano in provincia di Verona, che in segno di protesta con le politiche di ridistribuzione di Piantedosi ha deposto la fascia tricolore. Mal di pancia che stanno esplodendo anche in alcune amministrazioni a guida Centrodestra come nella Giunta Regionale dell’Abruzzo dove ieri l’assessore all’Urbanistica, Nicola Campitelli, ha annunciato il suo addio al Carroccio: “Con profondo rammarico ho deciso di lasciare la Lega. Per coerenza personale e politica, tenuto conto che ricopro, attualmente, la carica di assessore poiché eletto nelle fila della Lega, ritengo sia giusto rimettere anche le deleghe nelle mani del Presidente Marsilio. (…) Purtroppo, attualmente non sussistono più le condizioni per continuare il cammino insieme”.
Un addio che rischia di non essere né il primo né l’ultimo visto che si mormora da tempo, nonostante le continue smentite, di un prossimo addio dell’assessore Nicoletta Verì. Insomma nei territori la Lega sembra essere in forte sofferenza. Tutte questioni che Salvini sta provando a dribblare, di volta in volta preferendo spostare l’attenzione su casi populisti come la difesa del generale Roberto Vannacci oppure sul proporre nuove fantasmagoriche – quanto irrealizzabili – promesse acchiappa voti.
E nell’ala governista della Lega esplodono i malumori
Mosse che stanno facendo crescere il malumore nell’area governista della Lega e anche nei leader dei partiti di maggioranza, ossia Meloni e Antonio Tajani. Ma il Capitano tira dritto e così nel volgere di pochi giorni, ben conscio che con la prossima manovra ‘lacrime e sangue’ impedirà di portare a casa la flat tax o la riforma delle pensioni che sono state i suoi cavalli di battaglia, si sta spendendo in nuove promesse elettorali.
Si va dal continuare a rintuzzare quotidianamente sul Ponte sullo Stretto, malgrado gli abitanti gli abbiano fatto capire in modo chiaro che le priorità sono ben altre, al chiedere la castrazione chimica per chi commette uno stupro e fino al ritorno al nucleare sbandierato ieri in un’intervista al Sussidiario. “Sì al nucleare, senza se e senza ma. Ne ho parlato con i colleghi di Governo, ritengo indispensabile che l’Italia ragioni seriamente sul nucleare sicuro e pulito di ultima generazione. Non farlo significherebbe condannare i nostri figli e nipoti a vivere in un Paese costantemente in emergenza”.
Ma Salvini è un fiume in piena e in queste settimane sta creando tensioni nel Centrodestra italiano anche in relazione alle alleanze per le europee che secondo lui andrebbero fatte con il Rassemblement National di Marine Le Pen e Alternative Fur Deutschland. Peccato che a pensarla diversamente è il forzista Tajani, come anche l’ala governista della Lega e perfino Fratelli d’Italia che non ne vogliono sapere con il risultato ormai scontato che alle elezioni europee le destre italiane si presenteranno più spaccate che mai.