Matteo Salvini brucia nomi per il Quirinale come spicchi d’aglio dimenticati a friggere in padella, mentre Silvio Berlusconi è intenzionato a tirare dritto. “Contro ogni pronostico e contro tutti”, come dicono, quasi rassegnati a sopportare l’ambizione del fondatore, da Forza Italia. A poche ore dal vertice convocato per oggi a Roma, Il centrodestra vive ore di grande confusione, pur affannandosi ad ostentare “unità e compattezza” di circostanza. E a raccontare di un “clima cordiale” nella telefonata avvenuta tra i principali leader.
AL BIVIO. Dopo il rinvio dei giorni scorsi (leggi l’articolo), è stato organizzato l’atteso summit in cui il leader di Forza Italia è chiamato a sciogliere la riserva per la sua candidatura alla Presidenza della Repubblica. Nonostante i numeri indichino una mission impossible, confermerà l’intenzione di provarci. Mettendo ancora all’angolo i suoi alleati, in primis Salvini e Giorgia Meloni, costretti a inseguire i sogni del Cav. Tuttavia, pure tra i suoi potenziali grandi elettori, ci sono delle defezioni annunciate. Il deputato di Coraggio Italia, Osvaldo Napoli, parla addirittura di “candidatura tramontata” per un “errore di metodo”, a poche ore dall’ufficializzazione della corsa.
Il parlamentare invita a guardare avanti, immaginando un “bivio”: Mario Draghi o l’ex presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini. Una posizione che all’interno di Coraggio Italia (il gruppo conta una trentina di parlamentari) si sta facendo largo. Il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, non sarebbe così orientato a fornire la “delega in bianco” a Berlusconi. Vuole davvero comprendere quale siano i numeri che vengono vantati dall’inner circle forzista. In questo clima di “liberi tutti” nel centrodestra , Salvini ha intrapreso un frenetico attivismo che è utile solo ad azzoppare aspiranti quirinabili.
NOMI IN LIBERTÀ. Il caso emblematico è quello della presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. L’ipotesi è stata fatta circolare ad arte, lasciando intendere che la Lega sarebbe disponibile a ragionare sul suo nome. E così viene “bruciata”, realizzando una sorte di nemesi. Casellati siede sullo scranno più importante di Palazzo Madama, grazie al leader leghista che all’epoca impallinò Anna Maria Bernini, la prescelta alla presidenza del Senato.
Salvini fece il suo nome, intestandosi quasi la scelta e così Berlusconi fu costretto a dirottare la preferenza, proprio a vantaggio di Casellati. Che ora paga dazio al medesimo meccanismo di cui beneficiò a suo tempo. Un’altra sacrificata sull’altare del dichiarazionismo del numero uno leghista è Letizia Moratti. La vicepresidente della Regione Lombardia viene tratteggiata come un profilo gradito al Carroccio, da mettere sul tavolo della trattativa con il centrosinistra e il Movimento 5 Stelle.
ULTIMA PROVA. La tempistica con cui è stato fatto il nome non lascia dubbi: “Voleva cancellarla dalla lista delle possibili candidate”, è la sintesi consegnata a La Notizia da chi segue il dossier. A poche ore dalla prima votazione, il quadro torna al punto di partenza, con Berlusconi che blocca tutto e inchioda Salvini e Meloni al giuramento di lealtà. Si delinea così una prospettiva inevitabile: le prime votazioni saranno solo interlocutorie. “Non ci sono le condizioni di una soluzione in queste ore”, ribadiscono fonti di Forza Italia. A meno di sorprese, come l’unità su un nome condiviso. E anche qui si torna al punto di partenza: o Draghi o Mattarella bis.