L’unico porto che Giorgia Meloni è riuscita a chiudere è quello che ha tenuto fuori dalla porta dei migranti e dell’autonomia Matteo Salvini. Ma il segretario della Lega ha deciso di non “stare più buono” e di preparare la controffensiva, che si svolgerà su due fronti: migranti (ovviamente) e l’avvicinamento alle prossime elezioni europee.
La premier Meloni ha messo all’angolo la Lega. Ma Salvini in vista delle europee sta preparando la controffensiva
La decisione di affidare la regia del tavolo sull’immigrazione all’uomo forte di Palazzo Chigi, Alfredo Mantovano, è solo l’ultima di una serie di sberle che la presidente del Consiglio ha riservato a leader del Carroccio. Nominare di fatto un “commissario” per l’immigrazione significa togliere visibilità e potere al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi (ex capo di gabinetto proprio di Salvini) e avocare a Palazzo Chigi la questione. La prima istantanea reazione del segretario della Lega, quel “staremo a vedere i risultati” pronunciato a mezza bocca è un’avvisaglia che alla premier non è passata inosservata.
A dividere gli alleati non c’è solo il tema migratorio. Nella prossima legge di bilancio proprio Salvini non riuscirà a ottenere nulla delle sue promesse elettorali, a cominciare dallo smantellamento della legge Fornero, dovendosi accontentare della conferma di quota 103 che per la Meloni è già una lauta concessione. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha detto d’altronde che non ci sono i sette miliardi che servirebbero.
Lo stesso Ponte sullo stretto di Messina, ultimo giocattolo elettorale rimasto in mano alla Lega, è coperto da nubi per la coperta sempre troppo corta. In difficoltà è anche l’Autonomia differenziata che il ministro Roberto Calderoli tenta di tenere in piedi puntando a farla diventare legge prima delle prossime elezioni europee. Quella legge la vuole solo la Lega: Forza Italia e Fratelli d’Italia l’hanno coperta di emendamenti. Se il livello di insofferenza l’interno della maggioranza dovesse alzarsi (e tutti gli indicatori suggeriscono che potrebbe andare esattamente così) l’autonomia sarebbe la prima vittima dello scontro tra partiti di governo.
Salvini ha quindi deciso di ripartire dal pezzo forte della sua propaganda: la battaglia ai migranti. “Dopo la scelta della Meloni di affidare tutto a Mantovano ora ci sentiamo con le mani molto più libere”, dice un parlamentare leghista di lungo corso. Ripartiranno in fretta, quindi, gli attacchi a Meloni (sotto le mentite vesti di consigli) sui numeri degli sbarchi. Gli appelli alla “linea dura” sugli arrivi nelle nostre coste “nelle prossime settimane si moltiplicheranno da parte leghista”, giurano negli ambienti salviniani e questa volta sarà difficile per Meloni rispondere che “Salvini ha scelto il suo ministero e ha in mano la Guardia costiera”.
Il caso Vannacci non basta. Dopo lo schiaffo sui migranti Matteo deve togliere ogni voto possibile a Meloni
Sul fronte delle prossime elezioni europee, invece, il segretario leghista ha intenzione di riempire le liste di nomi che pesano. Il logoramento a Fratelli d’Italia sarà anche elettorale. Per questo la Lega ha già aperto le porte al generale-scrittore Roberto Vannacci e continuerà a farlo con qualsiasi nome che possa erodere voti a Meloni. ma c’è di più. Salvini starebbe preallertando anche i pezzi da novanta del suo partito che guidano le Regioni.
Insieme al presidente del Veneto, Luca Zaia (al suo ultimo mandato in Regione), potrebbe essere chiesto di metterci la faccia anche al governatore friulano Massimiliano Fedriga e ad altri campioni sul piano delle preferenze. Solo con un eccezionale consenso nelle tradizionali roccaforti Salvini potrà cambiare gli equilibri nella maggioranza. E se non è in dubbio, per ora, l’unità delle destre, le urne che portano a Bruxelles saranno comunque il metro per misurare i rapporti di forza tra gli alleati.