Roma snobba Julian Assange. Il sindaco, Roberto Gualtieri, e la maggioranza capitolina preferiscono rinviare ogni discussione sulla mozione per conferire la cittadinanza onoraria della capitale al giornalista e fondatore di Wikileaks. Una mozione è stata presentata in Assemblea capitolina, ma non è stata discussa. Davanti al Campidoglio si è anche tenuta una mobilitazione per provare a convincere la maggioranza capitolina a discutere la mozione e conferire la cittadinanza ad Assange, con tanto di striscioni e megafoni per sensibilizzare i consiglieri capitolini.
Mozione in Consiglio comunale a Roma per conferire la cittadinanza onoraria a Julian Assange. La maggioranza capitolina però decide di rinviare
Come sottolineato da Vincenzo Vita, garante di Articolo 21, Roma aveva l’occasione di dimostrarsi davvero “città aperta” e per questo era “chiamata a dare un segno” conferendo con la cittadinanza al fondatore di Wikileaks, seguendo l’esempio di quanto già fatto da altri comuni italiani come Reggio Emilia e Napoli. La richiesta era quella di votare subito la mozione, evitando ogni rinvio. Perché – ha spiegato Vita – ogni rinvio è “come dire no”, mentre è necessario agire: “Prendetevi la responsabilità”, è l’invito rivolto dal giornalista spiegando che sarebbe stato meglio un voto negativo piuttosto che un ulteriore rinvio.
La richiesta di conferire la cittadinanza onoraria al fondatore di Wikileaks è stata rivolta da FreeAssange Italia direttamente al sindaco Gualtieri
La richiesta di conferire la cittadinanza onoraria ad Assange è stata rivolta direttamente al sindaco Gualtieri e a tutti i consiglieri dell’Assemblea capitolina. FreeAssange Italia ha indirizzato una lettera proprio al primo cittadino di Roma spiegando che la cittadinanza potrebbe essere un primo passo per sostenere poi la richiesta di una liberazione del fondatore di Wikileaks: “Non c’è tempo – si legge nella lettera -. Come ben sapete, in queste ore hanno ripreso a lavorare le Corti del Regno Unito e potrebbe precipitare la decisione di estradare il giornalista australiano, fondatore di Wikileaks”.
Assange viene definito un “capro espiatorio di una politica repressiva verso il diritto di cronaca e la libertà di informazione. Le rivelazioni scomode sui misfatti delle guerre in Iraq e in Afghanistan, oltre al resto, hanno scoperto i lati peggiori e più inquietanti della segretezza di certi poteri. Ora, attraverso il caso di Assange, si vuole intimidire chiunque non accetti di sottomettersi a forme di condizionamento e di censura”, si legge ancora nella lettera. L’associazione parla del rischio di un “nuovo caso Dreyfus”: “Siamo convinti che la tradizionale apertura culturale della capitale d’Italia, luogo storico dell’accoglienza e della convivenza civile, si manifesti anche in questa circostanza”. Un’eventuale scelta di Roma in questa direzione “avrebbe un altissimo valore simbolico, in queste cruciali giornate”, contro quella che viene definita una “mostruosa ingiustizia”.
L’ex sindaca Raggi attacca il Pd: “La votazione rinviata per ordini di scuderia”
Le cose, però, in Campidoglio vanno diversamente. E non è la prima volta, come sottolinea la consigliera del Movimento 5 Stelle, Virginia Raggi. L’ex sindaca ricorda che la mozione è stata inserita nell’ordine dei lavori dell’Assemblea “già da luglio, ma la discussione è sempre stata fatta rinviare”. Per Raggi la colpa principale è da imputare al Pd, partito del sindaco Gualtieri e principale azionista di maggioranza, che a suo giudizio “sembra abbia paura di discutere” la mozione sulla cittadinanza ad Assange. L’ex sindaca sostiene che ci siano consiglieri della maggioranza che sarebbero favorevoli a votare per la mozione, però alla fine prevalgono “ordini di scuderia” perché quest’atto va “rallentato il più possibile”. Raggi invita quindi i consiglieri di maggioranza a spiegare “come mai non riescono a discutere questa mozione”.