di Alessandro Sallusti per Il Giornale
C’è una comprensibile irritazione nella compagine ministeriale del Pdl dimissionaria da sabato sera. Avevano immaginato e sperato in un finale diverso, meno traumatico.
Alfano, Quagliariello, Lorenzin, Lupi e Di Girolamo, con qualche distinguo di forma e di sostanza, si adeguano ma non condividono, al punto di ventilare un loro futuro fuori da Forza Italia, non si capisce se sulle orme di quel genio di Gianfranco Fini. Accusano Berlusconi di essersi lasciato condizionare dai falchi e di aver impresso al partito una deriva eversiva. Nelle prossime ore si capirà qual è il confine tra la reazione a caldo e un’analisi sul futuro, ma qualche osservazione la si può già fare, perché comunque, nei loro ragionamenti, non tutto torna secondo logica.
Per esempio: Alfano non può non sapere che Berlusconi non è uomo condizionabile, come dimostra la sua vita di politico e imprenditore che nei momenti decisivi, dopo aver ascoltato tutti fino alla nausea, ha sempre deciso di testa propria, a volte smentendo i pareri di consiglieri storici, figli e potenti di turno. Attribuire ai falchi un tale, inedito potere è ridicolo, un modo forse di esorcizzare il fallimento di una alleanza, quella con il Pd, in cui avevano creduto e nella quale volevano continuare a credere dalla comoda poltrona di ministri.
La seconda osservazione riguarda la parola «eversione». Non vedo che cosa ci sia di eversivo nel non volere rendersi complici di uno scellerato aumento di tasse. Lo chiedo in primis al professor Quagliariello, anima liberale pura della compagine, che in quanto tale avrebbe dovuto essere il primo a ritirare la sua firma dalla stangata fiscale che si stava profilando. Ma si sa come sono fatti i professori: galantuomini che sanno tutto ma che sanno fare poco, se non appunto i professori. I precedenti non mancano. La Fornero, principe del diritto del lavoro, con la sua riforma ha messo per strada decine di migliaia di lavoratori esodati. La Severino, principe del diritto, ha dato il nome alla legge, quella sulla decadenza, più incostituzionale della storia repubblicana.
Io credo invece che «eversiva» sia stata la decisione di Letta e del Pd di alzare le tasse e non onorare i patti di maggioranza. Eversivo è il comportamento, preconcetto e fazioso, dei membri della giunta del Senato che hanno annunciato la decadenza di Berlusconi ancor prima di iniziare i lavori. Eversivo è il complice silenzio di Napolitano di fronte alla costante violazione delle garanzie democratiche.
In quanto alla mancata collegialità della decisione, penso che durante le centinaia di vertici convocati da Berlusconi negli ultimi mesi non si sia parlato di Milan o del tempo. Credo che ognuno abbia potuto liberamente dire la sua. È che alla fine una decisione va presa, e tocca al leader farlo. Esattamente come è successo quando si è trattato di scegliere i cinque ministri (loro) da mettere al governo. Del resto, la decisione di Berlusconi è perfettamente in linea con quella di dimettersi, liberamente presa in precedenza, da tutti i parlamentari. Cosa immaginavano? Di uscire dal Parlamento e restare al governo a metter su tasse? Mistero.
Le reazioni al fondo
“E’ bene dire subito al direttore de Il Giornale, per il riguardo che abbiamo per la testata che dirige e una volta letto il suo articolo di fondo di oggi, che noi non abbiamo paura”. Lo scrivono in una nota Angelino Alfano, Nunzia De Girolamo, Beatrice Lorenzin, Maurizio Lupi e Gaetano Quagliariello, in merito a quanto pubblicato oggi, su Il Giornale, a firma del direttore Sallusti, il quale ha definito “ridicolo” il fatto che Alfano potesse attribuire ai ‘falchi’ il potere di condizionare le decisioni di Berlusconi. Il direttore de Il Giornale accusa anche i ministri del Pdl di voler continuare a credere nell’alleanza con il Pd “dalla comoda poltrona di ministri”. Da Palazzo Chigi, intanto, fanno sapere che proprio i cinque ministri del Pdl hanno consegnato questa mattina le loro “dimissioni irrevocabili”.
“Se pensa di intimidire noi e il libero confronto dentro il nostro Movimento politico – scrivono ancora i ministri nella nota indirizzata a Sallusti – si sbaglia di grosso. Se intende impaurirci con il paragone a Gianfranco Fini, sappia che non avrà case a Montecarlo su cui costruire campagne”. I ministri dimissionari ribadiscono quindi: “Se il metodo Boffo ha forse funzionato con qualcuno, non funzionerà con noi che eravamo accanto a Berlusconi quando il direttore de Il Giornale lavorava nella redazione che divulgò la l’informazione di garanzia al nostro presidente, durante il G7 di Napoli, nel 1994”.