La data da segnare in rosso sul calendario per la Manovra è quella del 20 settembre. Quando il governo Meloni dovrà mettere a punto il piano pluriennale di spesa da inviare a Bruxelles, che sarà poi approvato nel pacchetto di autunno del semestre europeo, insieme alle raccomandazioni sul deficit. Entro quella data il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, dovrà chiarire come verrà affrontata la correzione dei conti pubblici. Un compito non facile considerando che nell’analisi del think tank Bruegel, l’intervento in termini strutturali potrebbe valere lo 0,6% del Pil all’anno in sette anni (circa 12 miliardi di euro) oppure l’1,1% per un piano in quattro anni (22 miliardi).
Già da ora invece, per quanto riguarda la Manovra, si sa che se il governo volesse solo confermare le misure che scadranno entro il 31 dicembre di quest’anno anche per il 2025 dovrà trovare circa 17 miliardi. A fare il calcolo è stato Il Sole 24 Ore.
La coperta per la Manovra è cortissima
Che ha messo a fuoco nove misure a sostegno di lavoratori, imprese e famiglie in scadenza. Si parte dal taglio del cuneo fiscale che costa 9,4 miliardi. Si tratta di un esonero sulla quota dei contributi previdenziali dovuti dai lavoratori dipendenti pubblici e privati, pari a sei punti percentuali se la retribuzione imponibile non eccede i 35mila euro lordi annui. Si sale a sette punti se la stessa retribuzione non eccede i 25mila euro lordi annui. Poi c’è la cancellazione di un’aliquota Irpef e il relativo accorpamento dei primi due scaglioni. La riforma costa quattro miliardi di euro.
Al terzo posto il quotidiano economico-finanziario ricorda la tassazione agevolata pari al 5 per cento sui premi di produttività. Secondo l’ultimo report del ministero del Lavoro, a luglio sono oltre 15mila le imprese che riconoscono premi di produttività. Nella relazione tecnica alla Manovra 2024 si stima per la misura un costo di 222,7 milioni di euro.
Dagli sconti fiscali agli aiuti alle lavoratrici: nulla è certo
Un’altra misura per cui tifa il mondo delle imprese è il maxisconto fiscale del 120% per le imprese e i professionisti che assumono con contratto di lavoro a tempo indeterminato, che sale al 130% per alcune determinate categorie destinatarie di maggior tutela. Nel Def il governo ha stimato che il nuovo incentivo al lavoro stabile possa interessare circa 380mila imprese. Per finanziare l’agevolazione servono 1,3 miliardi.
Poi c’è la normativa agevolata sui fringe benefit. Questa misura prevede che la soglia di esenzione fiscale dei fringe benefit, ovvero dei beni ceduti e servizi prestati al lavoratore dal datore di lavoro, viene alzata per tutti i lavoratori dipendenti a mille euro, invece che a 258,23 euro. Il tetto massimo è fissato a 2mila euro per i lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico. L’intervento per essere riconfermato anche il prossimo anno richiede 348,7 milioni di euro.
Poi ci sono gli sgravi alle mamme che lavorano. La misura è triennale, ovvero dal 2024 al 2026, per le mamme di tre figli o più con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato. In via sperimentale questo incentivo è stato esteso solo per quest’anno anche alle mamme di due figli fino al mese del compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo. Dunque il governo dovrà decidere se confermare la misura per il prossimo anno per le lavoratrici con due figli. Costo stimato in circa 500 milioni di euro.
Per il prossimo anno poi se si ha cuore la decontribuzione Sud, il governo dovrà rimboccarsi le maniche e riaprire il negoziato con l’Europa che, dopo lunghe trattative, ha prorogato la misura fino al 31 dicembre del 2024.
Dalla social card al nodo pensioni: mancano i fondi
Per rifinanziare la social card per l’acquisto di beni alimentari di prima necessità e di carburanti, oppure in alternativa a questi ultimi, di abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, servono 600 milioni di euro.
Ultima misura che il governo dovrà decidere se riconfermare o meno è il taglio del canone Rai da 90 a 70 euro da 430 milioni di euro.
Capitolo a parte merita la previdenza. Dove il governo punta sulla conferma per l’Ape sociale e per Opzione donna, peraltro già ridimensionate. Mentre Quota 103 potrebbe essere sostituita da Quota 41, con il ricalcolo interamente contributivo se si confermasse il trend di scarsissima adesione alla misura dopo la stretta dell’anno scorso, mentre fra le opzioni ci sarebbe un intervento sul fronte della previdenza complementare.
Con il debito pubblico che è tornato a segnare un nuovo record e sfiora ormai i 3.000 miliardi di euro, la caccia alle risorse a tutto campo avviata dal governo diventa davvero ardua, se non impossibile.