Ancora una volta un altro Paese europeo ci dà lezioni sul welfare. Dopo Spagna e Germania, la Francia aumenterà il salario minimo. A partire dal primo maggio il salario minimo dei francesi aumenterà di 33 euro. Il compenso lordo arriverà quindi a 1.645,58 euro, mentre il netto passerà da 1.269 a 1.302,64 euro.
L’Italia, invece, rimane una delle poche eccezioni assieme a pochi altri Stati membri Ue come Danimarca, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia che non hanno un salario minimo. Eppure lo sa il cielo se ce ne fosse bisogno.
La necessità del salario minimo in Italia
L’Inapp ha calcolato, analizzando i dati sul Reddito di cittadinanza, che circa il 46% dei percettori è un lavoratore povero. Il salario minimo è previsto in 21 Stati dell’Ue. Il più alto in Lussemburgo con oltre 2000 euro al mese, Irlanda, Paesi Bassi, Belgio e Germania e Francia lo hanno fissato sopra i 1500 euro. Slovenia e Spagna attorno ai 1000 euro.
Nel nostro Paese è prassi che la politica salariale sia frutto di contrattazioni di categoria tra sindacati, Governo e imprenditori. Questo spiega perché le parti sociali si sono finora opposte ferocemente a una legge sul salario minimo: non vogliono perdere porzioni di potere.
Ma, fatta eccezione per il M5S che del salario minimo ha fatto uno dei suoi cavalli di battaglia storici – al Senato c’è un disegno di legge a prima firma dell’ex ministro del Lavoro Nunzia Catalfo che fissa una soglia minima di 9 euro all’ora – anche partiti di sinistra come il Pd hanno finora frenato, in parte (l’anima più a sinistra) perché sensibili alle rivendicazioni dei sindacati e in parte (l’anima più liberal) perché si vuole lasciare alle dinamiche del mercato la definizione delle griglie salariali.
Non è un caso che il numero uno del Pd Enrico Letta, che pure a febbraio aveva promesso che il salario minimo sarebbe stata una delle priorità del partito (“una discussione che vogliamo fare con le rappresentanze sociali, sindacali”), nel faccia a faccia avuto con i sindacati di qualche giorno fa non ha minimamente posto la questione. Salario minimo? Non se n’è parlato ha detto il numero uno della Cgil, Maurizio Landini, nonostante al tavolo si parlasse di basso livello dei salari e delle soluzioni per aumentare le retribuzioni.
Un muro di no al salario minimo
Chi ci sta provando ad aprire la strada al salario minimo è il ministro del Lavoro. Il dem Andrea Orlando il giorno prima che Letta vedesse i sindacati ha incontrato le parti sociali e ha posto la questione. Ma si è scontrato con le resistenze opposte dai suoi interlocutori.
“Stiamo lavorando da mesi perché si trovi un’intesa tra le parti sociali, che è difficile – ha ammesso amaramente Orlando – Però in questo momento diventa urgente trovarla”. Il ministro ha presente anche il problema del proliferare dei contratti pirata che solo il salario minimo potrebbe combattere. Ma Orlando può contare sull’appoggio di pochi nel suo partito.
All’opposto del ddl presentato dal senatore dem Mauro Laus, che propone un salario minimo di 9 euro orari al netto di contributi previdenziali e assistenziali, si colloca la proposta del collega Tommaso Nannicini che non fissa alcuna soglia minima di retribuzione e delega la questione a una commissione istituita presso il Cnel.
Fin quando a battersi per i diritti saranno solo i Cinque Stelle il resto d’Europa continuerà a darci lezioni.