Fatto il Governo e trovati tanti temi comuni su cui lavorare e fare riforme, restano ancora dei nodi da sciogliere per un’intesa piena tra giallorossi. Divergenze evidenti nelle polemiche degli ultimissimi giorni che ha cercato di appianare il premier Giuseppe Conte nel suo intervento di ieri alla Camera.
FACILE UNITA’. Il presidente del Consiglio ha annunciato a Montecitorio la volontà sua e dell’Esecutivo di investire sulla scuola, azzerando anche le rette per gli asili nido e valorizzando economicamente i prof. Ha parlato dell’esigenza di creare una smart nation, perfettamente in linea con la rivoluzione globale avviata dal digitale, di alleggerire la pressione fiscale, tornando al principio del pagare tutti per pagare meno, di ridurre il cuneo fiscale, di arrivare persino a una parità di genere nelle retribuzioni, oltre a un forte impegno per sanare la piaga delle morti sul lavoro. Tutti temi su cui l’accordo tra Pd e Movimento 5 Stelle appare solido e sembra essere stato anche piuttosto facile da trovare.
INTESA MA NON TROPPO. Anche all’interno di temi condivisi, su cui ha ugualmente battuto Conte, qualche divergenza tra i due alleati però emerge. Dem e pentastellati si sono infatti trovati d’accordo sul cosiddetto Green New Deal, ovvero su una particolare attenzione alle tematiche ambientali, vero e proprio faro per lo stesso sviluppo economico. Proprio in tale contesto spunta però fuori il particolare delle trivelle. Il premier ha assicurato di voler varare una norma per vietare nuove trivellazioni in mare e per i renziani non sembra semplice fare un mea culpa sulla materia.
Qualche problema sembra poi legato anche alla linea del rigore scelta da Conte su banche e compagnie assicurative, un tasto particolarmente dolente per l’ex premier e i suoi fedelissimi. Più semplice, anche se non semplicissimo, appare invece la necessità di riannodare i fili sull’autonomia differenziata, partendo dal punto in cui si era interrotto il dialogo tra giallo-verdi, sostenendo le bordate che già stanno arrivando dalle Regioni del Nord a guida leghista e consentendo una riforma utile ma che, come proprio Conte ha sottolineato, non può minare la coesione nazionale.
I problemi principali tra dem e pentastellati sembrano però legati al sistema giustizia e alle concessioni autostradali. Le esternazioni dell’ex guardasigilli Andrea Orlando sulla riforma sostenuta dal ministro Alfonso Bonafede non sono piaciute al Movimento 5 Stelle, ma difficilmente il Pd darà l’ok alle nuove regole nei tribunali e nel Csm senza apportare una serie di modifiche. Sempre i pentastellati non hanno poi gradito il freno posto dal ministro Paola De Micheli alla revoca della concessione autostradale ai Benetton, una bandiera per i 5 Stelle, mentre i dem fin dalle prime trattative per la formazione dell’esecutivo si sono detti favorevoli solo a una cauta e globale revisione di tutte le concessioni. E divisioni vi sono pure sull’idea di salario minimo. Trovare soluzioni condivise sarà possibile ma non semplice.