Carlo Calenda non si smentisce. L’obiettivo del leader di Azione è ora provare a spaccare sul salario minimo il fronte delle opposizioni, dopo che tutti i principali partiti – fatta eccezione per Italia Viva – si erano compattati sulla proposta di introdurre una soglia minima salariale pari a 9 euro lordi l’ora. E per farlo conta di avere il sostegno di quella parte del Pd maggiormente disponibile al dialogo con la premier e, anche se non lo dice, timorosa che il salario minimo possa dare un colpo alla contrattazione collettiva, sottraendo una porzione di potere a sindacati e datori di lavoro.
Approderà oggi in Aula alla Camera il testo delle opposizioni sul Salario minimo. Calenda prova a spaccare i giallorossi
Il salario minimo approderà in Aula oggi con il testo delle opposizioni. La maggioranza ha deciso di non votare l’emendamento soppressivo della proposta di legge a prima firma Giuseppe Conte ma si prepara a proporre una sospensiva per riprendere in mano il dossier in autunno. E mentre Calenda risponde con entusiasmo all’offerta della premier ad aprire il confronto, il M5S rimane freddo. “È un primo passo ma non il decisivo. L’obiettivo è un salario minimo legale. Qual è la proposta della maggioranza? Voi la sapete? Noi crediamo alle proposte concrete. Che c’è da approfondire dopo mesi di discussione?”, sono state le parole pronunciate dal leader del M5S dopo la decisione del governo di non votare la proposta che cancellava il salario minimo.
A Conte non è andato giù che mentre Giorgia Meloni “apriva” nello stesso tempo definiva il salario minimo “uno slogan”, confermando la sua contrarietà. Il Pd come al solito non ha una posizione granitica ma sta nel mezzo e si barcamena tra Calenda e Conte. Il ragionamento di Calenda è andare subito a sedersi al tavolo con Meloni, dal momento che se si prevede di votare subito la proposta delle opposizioni si va incontro “a una bocciatura sicura, condannando a morte il provvedimento”.
“Quindi – ha detto il leader di Azione – inviterei chi, come i 5S, è per una prova di forza, a rimanere uniti, e a ragionare, se davvero si vuole portare a casa la riforma”. E ancora. Sul confronto con la premier, ha dichiarato, di essere “in contatto con Schlein e non credo si voglia sfilare. Non so il M5S, se non venisse sarebbe un errore e noi andremmo comunque come opposizione”. La segretaria del Pd, Elly Schlein, da parte sua, fa sapere di essere disponibile a incontrare la premier subito ma che, al momento, non ci sono appuntamenti in programma.
Tra i dem siedono anche Camusso e Furlan. Da leader sindacali erano contrarie alla soglia legale
Calenda sa che nel Pd ci sono esponenti come le senatrici Susanna Camusso ed Annamaria Furlan, rispettivamente ex leader di Cgil e Cisl, che non erano affatto favorevoli al salario minimo. Nell’estate dello scorso anno il M5S ricordava che nel gennaio del 2018 Camusso affermava che l’introduzione di un salario minimo “sottende l’idea di un mondo senza contratti collettivi di lavoro, di lavoratori precari sottopagati”. Mentre nel giugno dell’anno successivo Furlan dichiarava che “fissare per legge una paga base oraria significa purtroppo che mettiamo a rischio tanti lavoratori di vedere diminuire il loro salario”.
In realtà oggi né l’una né l’altra vogliono dissentire dalla linea che ha preso il partito e hanno rivisto le proprie posizioni. Ma neanche tanto. Furlan in un’intervista al Foglio di inizio mese ha ribadito che “la semplice fissazione di una cifra oraria, i 9 euro, non basta. Anzi, si rischia perfino di complicare il quadro, favorendo l’uscita di tanti datori di lavoro dai contratti nazionali”.
La proposta di Forza Italia, del resto, non si discosta troppo da quella avanzata dall’allora ministro Andrea Orlando durante il governo Draghi che prevedeva di applicare i contratti leader di ogni settore a tutti i lavoratori di quel comparto. Cosa che in realtà è contemplata anche dall’attuale proposta delle opposizioni, che, a sua volta, si è adeguata al ddl Catalfo dei Cinque Stelle. Solo che la proposta delle opposizioni, ovvero quella del M5S, prevede anche il secondo step, vale a dire una soglia minima di garanzia – appunto i 9 euro – sotto la quale non si possa andare. Questo perché anche i contratti collettivi nazionali firmati dalle organizzazioni più rappresentative spesso viaggiano sotto tale soglia. È sulla parte molle del Pd che Calenda ora fa affidamento per spaccare il fronte delle opposizioni.