Salario minimo, Barzotti: “Quella del Governo è una farsa”

Per la deputata M5S Valentina Barzotti la contrattazione collettiva non basta. Milioni di lavoratori hanno paghe da fame.

Salario minimo, Barzotti: “Quella del Governo è una farsa”

L’Ocse sostiene che il salario minimo abbia portato solo benefici per i Paesi che lo hanno introdotto. Ma il Cnel col suo primo documento lo ha bocciato. Valentina Barzotti, capogruppo del M5S in commissione Lavoro della Camera, ve lo aspettavate?
“Ci aspettavamo, eccome, il completamento di una farsa cominciata ad agosto, con un ipocrita incontro con le opposizioni convocato dalla Meloni a palazzo Chigi sull’onda di sondaggi che danno il 70% degli italiani favorevoli al salario minimo. Ma quando abbiamo visto la premier coinvolgere il Cnel, che un tempo per la destra era il massimo dell’ente inutile e che avevamo già audito in Commissione Lavoro, abbiamo capito che era tutta una messinscena. È la dimostrazione che a questo Governo non sta minimamente a cuore il tema del lavoro povero”.

Tra le motivazioni del Cnel nel no al salario minimo c’è il dato sul tasso di copertura della contrattazione collettiva che in Italia “si avvicina al 100%, di gran lunga superiore all’80%”, richiesto da Bruxelles per la sua introduzione. Ma la contrattazione collettiva è sufficiente a garantire un salario dignitoso?
“Sebbene in Italia la contrattazione collettiva copra quasi il 97% dei settori produttivi, l’esistenza di questi contratti non ha potuto garantire salari in linea con il parametro della proporzionalità e adeguatezza stabilito dall’art. 36 della Costituzione. Il caso della vigilanza privata e dei servizi fiduciari (dove la paga viaggia ben sotto i 9 euro, ndr) è espressione di estrema debolezza della contrattazione di settore ed attesta, senza timore di smentita, che in alcuni comparti le gravi distorsioni di mercato hanno avuto il sopravvento sulla contrattazione collettiva. Molti si nascondono dietro questo 97% di copertura contrattuale, ma i dati, i fatti e le storie di tanti e tante lavoratrici raccontano che questa percentuale esprime solo la punta di un iceberg e, se da un lato, non assicura né l’attualità o la validità dei contratti né che vi sia un salario dignitoso nei settori oggetto della copertura stessa, dall’altro dà atto che comunque vi sono milioni di lavoratori non coperti da contrattazione”.

La Cassazione ha riconosciuto la bontà di un salario minimo costituzionale che “deve essere proiettato” ad assicurare “una vita libera e dignitosa” del lavoratore.
“Quello della Cassazione è un ulteriore, ennesimo tassello, anche giurisprudenziale, nel percorso verso un approdo a cui sono giunti già 22 Paesi su 27 dell’Unione europea. Da una folta letteratura economica al premio Nobel David Card, passando adesso per l’ultima decisione della Cassazione, siamo di fronte a un orizzonte che parla di salario minimo necessario da ogni punto di vista”.

Il 17 ottobre la vostra proposta di un salario minimo di 9 euro l’ora torna in Parlamento. Cosa vi aspettate?
“Un’assunzione generale di responsabilità, all’esito della quale tutti avranno modo di dimostrare da che parte stanno su un tema così importante”.

Cos’è il firma day che avete lanciato?
“Ci saranno banchetti in tutta Italia per raccogliere ancora più firme a ricordare alla Meloni che di fronte al problema del lavoro povero non si può e non si deve volgere lo sguardo dall’altra parte”.

L’Istat ha certificato un ulteriore calo del potere d’acquisto dei salari e della propensione al risparmio degli italiani. L’emergenza salariale si risolve col taglio del cuneo fiscale?
“Con la Nadef il Governo si limita a confermare il taglio precedente del cuneo fiscale, quindi gli italiani coinvolti non avranno un euro in più in busta paga, dopo aver peraltro perso il precedente beneficio del taglio a causa di un caro vita che se lo è letteralmente divorato. Il taglio del cuneo in sé è una base importante per contrastare l’erosione del potere d’acquisto, ma deve essere potenziato e reso strutturale. E soprattutto va affiancato da un salario minimo e da un vero aumento dei salari, da ottenere usando la leva fiscale, per esempio con la detassazione degli aumenti derivanti dal rinnovo dei contratti e intervenendo anche sulla contrattazione”.

Che ne pensa del trimestre anti-inflazione lanciato dal governo?
“È un patto che nasconde una truffa per almeno 5 motivi. Primo: arriva con un anno di ritardo, quando ormai il carrello della spesa ha già raggiunto il suo picco massimo, e non fa altro che cristallizzare questo picco, senza alcun vantaggio per i consumatori. Secondo: è solo il disperato tentativo di rimediare all’enorme danno fatto dal Governo Meloni quando ha deciso di tagliare gli sconti sulle accise sui carburanti, producendo a cascata un’impennata dei prezzi dei generi alimentari, per la maggior parte trasportati su gomma. Terzo: l’operazione propagandata da Meloni legittima gli operatori commerciali a mantenere alti i prezzi, con perdurante salasso a danno dei consumatori. Quarto: l’accordo è temporaneo e del tutto discrezionale. Qualsiasi catena di distribuzione può, infatti, decidere se aderire, se aumentare i prezzi, se uscire dall’accordo medesimo prima della scadenza. Quinto: il Patto non comprende carburanti ed energia, i cui prezzi continuano a salire”.

Dopo il no al salario minimo e lo smantellamento del Reddito di cittadinanza si può dire che questo governo delle destre sia nemico dei poveri?
“È un Governo animato da furore ideologico e voglia di restaurazione. Hanno una visione economica iperliberista, secondo la quale bisogna fondamentalmente aiutare frammenti di società che già se la passano bene, nella pia illusione che poi ci sia ‘uno sgocciolamento’ di effetti economici a beneficio delle fasce più fragili della popolazione. Ma la storia si è incaricata di smentire la validità di questo approccio, tanto in voga negli anni ’80. Nel frattempo il mondo è ‘un po’ cambiato’ per usare un eufemismo”.