Salari sempre più da fame: in 30 anni persi oltre mille euro

Secondo il leader Cgil Landini ci sono quasi sei milioni di lavoratori con salari che non superano gli 11mila euro l’anno.

Salari sempre più da fame: in 30 anni persi oltre mille euro

Il leader della Uil, Pierpaolo Bombardieri, lo ha detto a questo giornale: “Nel nostro Paese c’è un problema salariale”. Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, lo ha confermato. C’è “una emergenza salariale” e “bisogna porre con forza la questione”.

L’aumento dei salari, insieme al rinnovo dei contratti, per un nuovo modello economico e sociale “sono punti centrali” dello sciopero del 29 novembre, ha detto Landini, nel corso di una conferenza stampa, rimarcando che “ci sono quasi 6 milioni di lavoratori nel nostro Paese che non superano 11mila euro l’anno”.

“Il quadro è al centro dell’azione sindacale. L’aumento dei salari è la condizione per affermare anche un nuovo modello di fare impresa e un nuovo modello economico e sociale. Rimettere al centro il lavoro e le persone significa rimettere al centro le loro condizioni”, afferma sostenendo che invece “i provvedimenti del governo vanno in direzione opposta. Continuare così significa portare a sbattere il Paese”.

Landini ha commentato il rapporto della Fondazione Di Vittorio sui salari e le disuguaglianze presentato giovedì nella sede del sindacato. In 30 anni, dal 1990 al 2020, in Italia il potere d’acquisto ha perso il 2,9% contro un aumento del 18,4% nella media Ocse e del 22,6% nella media della zona euro. Non solo.

Salari, Italia fanalino di coda tra i Paesi dell’area Ocse

Impietoso il confronto tra i salari in Italia in calo e quelli in crescita in Germania, Francia e Spagna. Tra il 1991 e il 2023, i salari italiani segnano un calo di 1.089 euro, contro i +10.584 euro dei tedeschi, i +9.681 euro dei francesi e i +2.569 euro degli spagnoli.

Ma ancora non è finita. Il mancato adeguamento all’inflazione dei salari ha generato una perdita per i lavoratori che ammonta a oltre 5mila euro in quattro anni, ovvero dal 2021 al 2024.

Si tratta della più grande perdita salariale degli ultimi 50 anni, destinata – se il rinnovo dei contratti dovesse tardare ancora e le stime sull’inflazione essere confermate – ad accumularsi negli anni fino a superare quota 15mila euro nel 2029.

L’inflazione si sta divorando gli stipendi

Secondo i dati elaborati dalla Fondazione, nel 2021 la retribuzione media contrattuale ammontava a 26.660 euro, ma se fosse stata in linea con l’inflazione sarebbe dovuta arrivare a 27.041 euro. Questo mancato adeguamento ha generato una perdita netta di 381 euro.

Nel 2022 la perdita ammontava a 1.526,9 euro, l’anno dopo a 2.271 euro, nel 2024 a 1.143,8 euro. Così, la perdita complessiva cumulata – sommando cioè tutte le perdite dei quattro anni – arriva a 5.322,9 euro. Allo stesso modo se le stime del governo sull’inflazione venissero confermate e senza rinnovi, si arriverebbe a una perdita netta cumulata di 15.552,8 euro nel 2029.

Landini rimarca la necessità “per tutti di avere rinnovi con una reale difesa e possibilmente un aumento del potere d’acquisto dei salari” e a proposito del contratto 2022-24 degli statali, non firmato dalla Cgil, sostiene che “non è un accordo: il governo ha deciso di imporre un aumento del 6% rispetto al 17% di inflazione. Questo significa sancire una perdita strutturale e una riduzione programmata dei salari. Il governo è il primo che non assume una inversione di tendenza”.

Il segretario generale della Cgil sottolinea anche che i contratti negli anni “si sono moltiplicati: bisogna ridurli, semplificarli e in alcuni casi anche unificarli” e rilancia la necessità di “arrivare finalmente ad una legge sulla rappresentanza”.

E sullo sciopero, sottolinea, che “è innanzitutto un disagio per chi lo fa, perché perde una giornata di lavoro, e dietro c’è una rivendicazione che riguarda una crescita reale del Paese, una riduzione delle disuguaglianze e la costruzione di un diverso modello sociale ed economico”.