Continua la bagarre sull’intitolazione dello scalo di Malpensa a Silvio Berlusconi. Ieri mattina era stato il sindaco Beppe Sala a tornare all’attacco (spinto anche dall’ondata di indignazione che ha accolto la decisione partorita da Roberto Formigoni e annunciata da Matteo Salvini).
Su Malpensa “una vicenda pazzesca”
“È pazzesco, pazzesco, che in Italia una decisione del genere venga presa da un presidente di Enac, io non riesco a comprendere come la politica sia correa di un modo di fare del genere”, ha detto il sindaco. “Non discuto il presidente” di Enac, “discuto il fatto che su una cosa del genere, che riguarda il territorio, il presidente di Enac è formalmente designato a prendere decisioni, ma se avesse un po’ di buon senso sentirebbe chi ci lavora da anni”, ha aggiunto Sala, secondo cui “vanno rispettate delle modalità collaborative”.
Per Sala “Sono tempi barbari”
“Io non sono irritato, non è un problema di emotività, è un problema di razionalità. Quello che discuto è perché non ci sia più rispetto delle forme, della correttezza nei rapporti. L’intitolazione di un aeroporto non è una cosa che avviene così, chi la decide, un presidente Enac senza nemmeno consultare la società” che lo gestisce (Sea).
“Se questi sono i tempi barbari che stiamo vivendo, ce ne facciamo una ragione, ma non posso essere di certo felice. Questo a prescindere dall’idea e dal nome”.
La Cgil: no a Berlusconi, sì a Carla Fracci
Non prescinde invece dal nome la Cgil, i cui segretari lombardi ieri hanno scritto a tutti (Enac, parlamentari, Comune di Milano) chiedendo di “non procedere con la pratica di intitolazione dell’aeroporto di Milano Malpensa a Silvio Berlusconi e, contestualmente aprire un confronto che possa prendere in considerazione la nostra proposta di intitolare lo scalo lombardo a Carla Fracci”.
E Salvini gongola
Chi invece gongola è Salvini, che ieri ha dichiarato: “La sinistra sta impazzendo perché abbiamo mantenuto l’impegno di dedicare l’aeroporto di Malpensa a Silvio Berlusconi, un grande uomo, un grande italiano, che ha creato centinaia di migliaia di posti di lavoro. Ce ne faremo una ragione…”. Il problema è che a non farsene una ragione sono centinaia di migliaia di lombardi inorriditi.