di Lapo Mazzei
Deputato pidiellino uno a deputata pidiellina due: «Ma tu lo capisci il Quaglia (Gaetano Quagliariello, ministro per le Riforme del governo guidato da Enrico Letta, ndr), ma che sta facendo?». «Eccome se lo capisco», risponde la deputata pidiellina due. «Si sta preparando il futuro avendo intuito le difficoltà del presente». Se non fosse drammaticamente vero, il colloquio intercettato nel mezzo del Transatlantico della Camera – il salone dei passi perduti del Parlamento – avrebbe tutti i connotati del dialogo surreale, degno del teatro di Eugene Ionesco. Perché, per certi aspetti, il dibattito politico di queste settimane è fuori dalla realtà, innervato com’è di frizioni e tensioni interne al Pdl, dove non è più una questione di falchi e colombe.
Sulle barricate, infatti, ci sono coloro che vogliono sfasciare tutto e andare al voto, contrapposti a quanti vorrebbero allungare la vita al governo e rinviare le urne, disturbati dai finti pacifisti a cui preme la rottura interna al partito, senza parteggiare né per le elezioni anticipate né per la durata della strana maggioranza. E poi ci sono quelli come Quagliariello che si sono innamorati del potere e in nome dell’interesse personale sono pronti a vendere la propria anima al Diavolo. Quest’ultimo ha infatti dichiarato: «Non è possibile tornare alle urne con questa legge elettorale prima del 3 dicembre, data dell’udienza della Corte costituzionale, perché nessuno consentirebbe al Paese di andare a votare con una legge che potrebbe essere dichiarata illegittima prima ancora che il nuovo Parlamento si sia insediato. Ovviamente una legge elettorale emendata nei suoi possibili vizi di costituzionalità consentirebbe, in caso di necessità un ritorno alle urne». Più democristiano di così (anzi, doroteo per essere esatti) non si potrebbe. E non è affatto un caso se a fargli eco è stato il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni: «Se andassimo alle elezioni anticipate senza fare progressi sulle riforme, sarebbe molto dannoso» ha detto in un’intervista al Wall Street Journal. Un gioco di sponda che dimostra come la compagine governativa del Pdl si sia perfettamente integrata con l’ala riformista del Pd, che sostiene senza se e senza ma il premier Letta.
Peccato che ieri pomeriggio proprio il ministro abbia improvvisamente destabilizzato il fragilissimo equilibrio interno alla maggioranza. Ha infatti presentato un documento in cui rende note le 9 ipotesi di intervento per riformare l’Imu, esprimendo «l’auspicio che questo lavoro possa rispondere all’obiettivo che mi ero prefisso quando l’ho avviato: offrire un contributo al dibattito in corso, al chiarimento delle implicazioni concrete delle varie proposte, nella consapevolezza che le scelte politiche debbono basarsi su adeguati approfondimenti tecnici». Questi ultimi, a suo dire, non lascerebbero però margini all’incertezza: «La proposta di esenzione totale dall’Imu per l’abitazione principale non sembra pienamente giustificabile sul piano dell’equità ed efficienza del tributo, come peraltro emerge anche dalle audizioni di esperti (Copaff, Banca d’Italia) e dalle raccomandazioni del Fondo Monetario Internazionale». E ancora: «Sotto il profilo dell’efficienza, le imposte immobiliari sono preferibili alle imposte sui fattori produttivi (lavoro e capitale) perché minimizzano l’impatto negativo delle imposte sulla crescita economica e hanno effetti meno distorsivi sull’utilizzo dei fattori produttivi e sull’accumulazione del capitale». Parole incendiarie per il Pdl. Anche perché Saccomanni scrive anche che «la cancellazione della prima rata Imu, sospesa fino a settembre, ha effetti negativi sul gettito 2013 per 2.426,4 milioni di euro, di cui circa 2,1 miliardi ascrivibili alle abitazioni principali e circa 0,3 miliardi alla componente terreni e fabbricati rurali». Non è tutto. L’abolizione della prima rata Imu sospesa «comporta una perdita di gettito che si riflette interamente in una riduzione delle entrate comunali. Il meccanismo più semplice per attuare una compensazione è quello di assegnare agli enti la metà del gettito riscosso nel 2012, come risulta dai versamenti F24 a livello comunale dello scorso anno. Questo meccanismo di compensazione eviterebbe comportamenti opportunistici da parte di Comuni che potrebbero aver aumentato l’aliquota solo in previsione di maggiori trasferimenti compensativi relativi all’Imu 2013. La compensazione potrebbe avvenire aumentando le risorse del Fondo di Solidarietà Comunale». Tutto il Pdl apre il fuoco, accusando Saccomanni e il Pd di voler aprire una crisi di governo. Pacta sunt servanda, è il refrain delle dichiarazioni che in pochi minuti intasano le agenzie di stampa. Su tutti Renato Brunetta: «Entro il 31 agosto il governo si è impegnato a varare la riforma della tassazione degli immobili, ma ad oggi, 8 agosto, ancora nessuna proposta da parte del ministro Saccomanni» ha detto il presidente dei deputati del Pdl. «Eppure gli impegni del presidente del Consiglio, contenuti nelle dichiarazioni programmatiche su cui è stata votata la fiducia all’esecutivo, sono chiari: l’Imu sulla prima casa deve essere eliminata. Non ci provi, il ministero dell’Economia e delle Finanze, a scaricare sui Comuni la responsabilità di gestire in autonomia le decisioni sulle aliquote Imu da applicare e sulle categorie di immobili da tassare, a partire dal 2014». Se non è un ultimatum poco ci manca.