Con il suo consueto stile aggressivo, il nuovo presidente degli Usa Donald Trump ha detto, qualche tempo fa, che chi non spende abbastanza per la Difesa, come concordato in sede Nato, non merita il sostegno degli alleati.
Ieri il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha anticipato le richieste di Trump indicando come poco ambizioso l’obiettivo del 2% delle spese per la Difesa. “È chiaro – ha detto – che i membri dell’Alleanza devono mettere molto più del 2% del Pil”. Servirà un dibattito per decidere se dovrà essere “un obiettivo generale”, o se apportare “percentuali diverse Paese per Paese, ma è assolutamente chiaro che non arriveremo ai nostri obiettivi con il 2%”.
L’obiettivo del 2% delle spese per la Difesa è un nervo scoperto per l’Italia di Meloni
Il tema è un nervo scoperto per l’Italia e il motivo è presto detto dal momento che il nostro Paese è uno dei pochi paesi Nato a non centrare neanche l’obiettivo del 2%. Tanto la premier Giorgia Meloni quanto il ministro della Difesa Guido Crosetto si sono impegnati più volte in questo senso.
Proprio l’altro giorno Rutte è tornato a ribadire a Meloni che il target del 2% va raggiunto da tutti. Per Crosetto poi è un chiodo fisso. Adeguare gli stanziamenti per la Difesa “è indispensabile per affrontare le nuove sfide e rispettare gli impegni presi in ambito Nato: siamo ancora lontani dal famoso 2% del Pil entro il 2028, che ormai non è più un semplice obiettivo, ma un requisito minimo”, ha detto Crosetto in audizione alla commissione Affari esteri e Difesa del Senato.
Il ministro ha ricordato che “per il 2024 siamo all’1,54%, che diventerà l’1,57 nel 2025 e l’1,61% nel 2027. Governi di alto colore avevano fissato l’obiettivo del 2% al 2028”.
Il governo: via le spese per la Difesa dal Patto di stabilità
E’ positiva, secondo il ministro, “l’apertura del nuovo commissario europeo alla Difesa sull’esclusione delle spese militari dal Patto di stabilità, ma bisogna anche studiare meccanismi di emissioni di debito per sostenere gli stanziamenti, magari con copertura europea, in modo da rendere neutro qualsiasi impatto nazionale delle spese per la difesa”. Gli ha dato man forte Antonio Tajani. Il titolare della Farnesina e vicepremier di Forza Italia ha spiegato che quello del 2% è “un obiettivo giusto ma chiediamo di scorporare le spese della Difesa dal Patto di stabilità”.
Finora la situazione di cassa dell’Italia non ha consentito di raggiungere l’obiettivo. E al momento, almeno a sentire il ministro dell’Economia, le condizioni non sono cambiate.
Giorgetti frena sul 2% del Pil per le spese militari
Sul fronte della difesa, “nonostante gli ingenti stanziamenti assegnati, l’obiettivo del 2% del Pil richiesto dalla Nato risulta molto ambizioso e non del tutto compatibile sotto il profilo in particolare delle coperture con il quadro vigente della governance europea. Alla luce, infatti, degli stanziamenti previsti dal disegno di legge di bilancio arriveremo alla percentuale dell’1,57% nel 2025, dell’1,58% nel 2026 e dell’1,61% nel 2027”, ha detto Giancarlo Giorgetti in audizione sulla Manovra alle commissioni Bilancio di Camera e Senato.
Per Crosetto la corsa al riarmo è una necessità, così come servono più militari rispetto all’eventualità di conflitti. E’ indispensabile “una riserva operativa come strumento di reclutamento in caso di crisi ed occorre incrementare le dotazioni organiche delle forze armate per garantire la piena funzionalità dello strumento militare, superando” i tagli della legge 2012, figlia di un altro tempo. “Serve anche ringiovanire le forze armate favorendo il ricambio generazionale”, ha detto Crosetto.
Crosetto: servono più militari nell’eventualità di conflitti
“L’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia ha riportato al centro della scena forme di minaccia convenzionale. Una minaccia che si pensava estinta, soprattutto nel cuore dell’Europa, ma che ci fa comprendere la necessità di rendere nuovamente le nostre Forze armate in grado di sostenere un conflitto prolungato, ad alta intensità, contro un nemico in possesso di capacità simili alle nostre”, ha spiegato il ministro.
“Un altro esempio – ha incalzato – ci arriva dal Medio-Oriente, che ci ha mostrato l’importanza di possedere adeguati stock e capacità di difesa aerea e missilistica, che consentano di sostenere attacchi massicci e ripetuti. Dobbiamo chiederci: quale sarebbe stata la nostra a capacità di risposta ad attacchi simili a quelli subiti da Israele negli ultimi mesi?”.
“Questi conflitti – ha sottolineato il ministro – hanno fatto riscoprire ai più la centralità della Difesa e la necessità di tornare alla cultura della prontezza. Occorre saper difendere lo Stato in ogni momento, da ogni minaccia e per tutto il tempo necessario. Ciò richiede una capacità operativa adeguata e sostenibile nel tempo e, di conseguenza, la disponibilità di personale e capacità credibili, che assicurino deterrenza e, ove necessario, una risposta efficace”.
Il Documento programmatico pluriennale 2024 – ha poi detto – prefigura l’acquisizione di 25 caccia F35, portando il totale degli assetti italiani a 115 unità, rafforzando il ruolo dell’Italia nel contesto della sicurezza europea e mantenendo il Polo di Cameri allineato con quelli statunitensi.