Con il passaggio da forza di opposizione a quello di partito di governo, il Movimento 5 Stelle era destinato a trasformarsi. Anzi, non lo avesse fatto sarebbe stato condannato ad una prematura scomparsa perché schiacciato da concetti e regole che talvolta rischiavano di minarne l’efficacia. Insomma un percorso di crescita inevitabile che ieri ha ricevuto nuovo impulso tanto che ora potrebbe cadere anche l’ultimo tabù dei pentastellati ossia quello del ricorso senza sé e senza ma alla piattaforma di Rousseau.
Così non deve stupire che ci sia chi, specialmente tra gli eletti, questa volta abbia deciso di bacchettare i vertici di M5S per aver annunciato una votazione da cui dipenderà la certificazione o meno dell’accordo di governo con il Partito democratico. Malumori comprensibili specie perché il voto online, contrariamente a quanto avvenuto nel precedente accordo con la Lega, avverrà a cose fatte cioè dopo che Giuseppe Conte avrà già ricevuto l’incarico da parte del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per formare un governo e chiedere la fiducia alle Camere.
Il rischio evidente, seppur remoto, è che la decisione del web presa da pochi iscritti possa compromettere l’accordo faticosamente raggiunto con i dem. Il tutto, cosa non meno importante, con la possibilità di far inceppare un meccanismo tipico della nostra democrazia. In tal senso qualcuno tra i grillini ha fatto notare che il ricorso a Rousseau, chiesto da Luigi Di Maio forse in cerca di un consenso da parte della base, deve essere rivisto e che comunque in casi come questi doveva essere indetto prima del conferimento dell’incarico a Conte.
CAMBIAMENTI NECESSARI. A differenza di quanto afferma qualche ben pensante, limare le spigolature del Movimento non equivale affatto al volerlo rendere un partito come gli altri. Significa, invece, accorgersi di ciò che non va e apportare i necessari correttivi. Non si può nemmeno gridare allo scandalo perché l’eventuale riforma di Rousseau non sarebbe nemmeno la prima. Anzi di regole che componevano il Movimento ai suoi esordi, ne sono cambiate diverse. Basti pensare che il precedente codice etico prevedeva che a ogni avviso di garanzia, scattavano automaticamente le richieste di dimissioni in assenza delle quali si sarebbero presi provvedimenti.
Un meccanismo che costò l’allontanamento da M5S del sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, ma che portò gli iscritti ad interrogarsi sulla sua efficacia tanto che, successivamente, si decise di riformarlo al punto che la Raggi, ricevuto un avviso di garanzia, non fu obbligata a dimettersi. Altro processo di revisione è stato il recente abbandono, seppur limitato agli amministratori comunali, della regola dei due mandati. Un imperativo che sembrava garantire il ricambio generazionale ma che, sfortunatamente, non teneva in considerazione i tempi necessari per formare le persone nei diversi incarichi, costringendo la macchina amministrativa a dover ogni volta ripartire da zero oppure, peggio ancora, a rivolgersi a persone esterne al Movimento.