Chi si aspettava che Luigi Di Maio cadesse nel silenzio totale per giorni come accaduto dopo la sconfitta in Abruzzo, è rimasto deluso. Da leader ha affrontato i cronisti e ha difeso in parte il risultato ottenuto dal Movimento in Sardegna (“è inutile che si confronti il dato delle amministrative con quello delle politiche: si confrontano, in questo caso, le mele con le pere. Noi a livello amministrativo abbiamo sempre avuto dei risultati totalmente diversi da quelli nazionali”). E lo ha fatto nella consapevolezza che, al di là delle parole, il Movimento è caduto in una fisiologica situazione di stallo.
E, come il pugile chiuso all’angolo, urge una strategia per uscire dall’impasse. Il passaggio da forza di protesta a forza governativa era inevitabile si facesse sentire e portasse degli strascichi. E questo è stato il tema affrontato nel pranzo della settimana scorsa di Di Maio, Davide Casaleggio e Beppe Grillo. L’obiettivo, su cui tutti hanno concordato, è rivoluzionare il Movimento, in linea con i cambiamenti che sta accompagnando l’evoluzione 5 Stelle.
La tabella di marcia è già predisposta. Oggi in serata, infatti, Di Maio e la squadra governativa incontrerà in seduta congiunta deputati e senatori M5S. All’ordine del giorno (accanto ai temi, delicati, di Reddito di cittadinanza e Autonomie) ci sarà la riorganizzazione interna del Movimento. Una riorganizzazione che, come spiegato ieri dall’HuffPost, si muoverà su due fronti: da una parte i responsabili locali, che dovrebbero essere in gran parte pescati nel bacino dei referenti indicati per le scorse elezioni regionali; dall’altra la struttura, ancora più delicata, per gruppi tematici.
Si parla di una struttura verticistica i cui responsabili dovrebbero essere scelti tra i parlamentari competenti per materia. Probabilmente non da subito ma comunque a strettissimo giro verranno presentate altre due importanti novità (in realtà già anticipate dallo stesso Di Maio): l’apertura alle alleanze con le liste civiche a livello amministrativo per evitare disfatte come l’Abruzzo e la Sardegna; la possibilità (su cui in realtà pare ancora esserci trattativa) di derogare alla regola del doppio mandato come tetto massimo, specie per chi accumula incarichi diversi tra ambito parlamentare e amministrativo.
Il tutto – assicurano i vertici – verrà comunque vagliato dal voto degli attivisti sulla piattaforma Rousseau: “Possiamo cambiare le regole interne – spiegano fonti M5S – ma non si derogherà mai sui principi di trasparenza”. Un voto, rivelano le stesse fonti, che potrebbe avvenire già in questa settimana, probabilmente tra mercoledì e giovedì, proprio per “sfruttare” l’ondata di malcontento interno, rivolgerla a proprio favore, in vista del necessario cambiamento M5S.
In questo quadro, intanto, diffuso resta il malcontento non solo tra gli attivisti e sul territorio, ma anche tra i portavoce. A parlare in maniera chiara, ieri, è stata la dissidente Paola Nugnes: “La leadership di Luigi Di Maio certamente va rimessa in discussione”, ha detto all’Adnkronos. Parole molto dure, cui ha risposto con altrettanta durezza il tesoriere e deputato Sergio Battelli: “Si candidi lei per guidare il M5S”. Insomma un clima tutt’altro che di serenità, che pare diffondersi anche a Montecitorio. Ieri, seduti in Transatlantico diversi deputati, rappresentanti diverse “anime” M5S, ragionavano sugli errori commessi. “Siamo tutti disponibili a ragionare su modifiche interne – spiega a La Notizia un deputato M5S ‘dissidente’ – l’importante è che i principi restino saldi. Non possiamo più perdere a causa di uno scollamento evidente con la base e i territori. I primi a dover capire questo sono i nuovi arrivati che hanno spesso esperienza zero in campo politico”.
Tutti assicurano, però, che il clima della riunione di stasera sarà disteso: “Ci confronteremo come abbiamo sempre fatto, ragionando vis-à-vis”. Né preoccupano Nugnes e Fattori: “Oramai è da tempo che non partecipano più alle riunioni, è come se già si fossero messe fuori dal Movimento…”.