Governatore, direttore generale e uno dei vice nominati su proposta del presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri e non più sentito il parere del Consiglio superiore della banca centrale. E gli altri due vice dg eletti dal Parlamento. è il cuore della riforma della governance di Bankitalia proposta da M5S e Lega. Una riforma, assicura il deputato Cinque Stelle Raphael Raduzzi “non mina assolutamente l’indipendenza” della banca centrale.
Ma così non si sottopone Bankitalia al controllo del Governo e quindi della politica?
“Stiamo solo proponendo di adeguare i criteri di nomina dei vertici di Banca d’Italia a quelli vigenti in molti Paesi europei, fra i quali la Germania. Ciò non mina assolutamente l’indipendenza delle banche centrali, che è la possibilità di perseguire una politica monetaria non influenzata dalla politica. Questo compito, peraltro, oggi è esercitato principalmente dalla Bce, della quale Banca d’Italia è un braccio operativo”.
Eppure, c’è chi la considera una vendetta per le omissioni che avete rinfacciato a Palazzo Koch sul fronte della vigilanza nei nelle crisi bancarie di Etruria & C.?
“Non concepiamo in questo modo la politica. È vero che la vigilanza di Banca d’Italia ha avuto mancanze anche gravi in questi anni di difficoltà del nostro sistema creditizio. Cercare di correggerle, però, non è vendetta, ma tutela del risparmio, come richiede la nostra Costituzione”.
Nella passata legislatura, l’attuale sottosegretario Villarosa presentò una proposta di legge per la nazionalizzazione di Bankitalia. Come mai non avete recuperato quella proposta?
“Per quanto mi riguarda quella di Alessio Villarosa era una buona proposta, ma non è all’ordine del giorno”.
Intanto anche Fratelli d’Italia ha presentato una proposta per la nazionalizzazione di Bankitalia. Potreste sostenerla?
“Una cosa per volta. La nazionalizzazione delle quote non cambierebbe nella sostanza i compiti e il perimetro della nostra banca centrale e avrebbe un costo importante. Non ce n’è la necessità al momento. Ritengo molto più importante evitare che i vertici siano nominati internamente, senza alcun passaggio politico vincolante”.
Vista la cessione di competenze da Bankitalia alla Bce, ha senso una struttura così mastodontica, sia in termini di costi che di personale?
“Un Paese come l’Italia non può privarsi a cuor leggero del personale di altissimo livello che lavora in Banca d’Italia, che al contrario andrebbe maggiormente valorizzato evitando di nominare ai vertici competenze esterne, come accaduto di recente. In generale, non vedo perché dovremmo ridimensionare un’istituzione che ha avuto un ruolo decisivo in passato e che potrà tornare ad averlo in futuro. Occorre essere preparati a qualsiasi evenienza”.