Si può in nome della scienza disapplicare ogni norma paesaggistica e sventrare una montagna in un Geopark-Unesco, in una zona a tutela integrale? Secondo il governo di Giorgia Meloni e per il presidente della Regione Sicilia, Renato Schifani, non solo si può, ma si deve, in nome dell’interesse pubblico.
È l’intricata vicenda che ruota attorno al contestatissimo progetto finanziato dall’Agenzia spaziale europea (Ase) e da quella Italiana (Asi) di costruire un osservatorio astronomico dove ospitare il telescopio “Flyeye” sulla cima del Monte Mufara, nel mezzo del Parco regionale delle Madonie, a 1800 metri di quota.
La rete dei telescopi “Flyeye”
Un progetto europeo finalizzato alla creazione di una rete di telescopi che dovranno “andare a caccia” di asteroidi potenzialmente pericolosi per la Terra. L’Italia è riuscita ad aggiudicarsi l’opera (battendo sul filo di lana le Canarie) qualche anno fa, candidando il Parco delle Madonie come sede privilegiata, grazie alla nitidezza dei cieli siciliani.
Secondo il progetto presentato dall’Ente Parco delle Madonie alla Regione Sicilia, il telescopio “Flyeye” “risulterebbe unico al mondo per caratteristiche scientifiche ed innovatività delle soluzioni tecniche adottate, per il quale hanno espresso formale interessamento, oltre all’Agenzia spaziale europea e Italiana, anche la Nasa e che collocherebbe la Sicilia e l’Italia all’interno di un circuito mondiale leader nella osservazione per la sorveglianza e il monitoraggio dello spazio”.
La colata di cemento sul monte Mufara
Un progetto dal valore totale di circa 27 milioni di euro, che, spiegano gli ambientalisti del Club Alpino Italiano, Legambiente Sicilia, Lipu e Wwf “interessa una superficie di 800 mq, con 3.540 metri cubi di volume edilizio ed un’altezza di oltre 13 metri fuori terra”. Il progetto prevede inoltre ulteriori cubature per “locali non direttamente connessi con le attività di ricerca scientifica quali uffici, servizi, alloggi del personale, parcheggio; inoltre per realizzare le opere e accedere all’area ove è previsto l’Osservatorio, dovrà essere realizzato un consistente intervento sulla pista forestale che da Piano Battaglia sale su Monte Mufara attraversando la faggeta demaniale”.
L’area a protezione integrale
Il problema è che il Flyeye dovrebbe sorgere dove per legge non si potrebbe toccare neanche una foglia. Il Monte Mufara, come spiegano le associazioni scese più volte in piazza negli ultimi mesi per bloccare il progetto è infatti di enorme valore naturalistico, perché a ridosso della faggeta più meridionale d’Europa e delle Serre dolomitiche della Quacella. Tanto che gode per i legali degli ambientalisti “dei vincoli di immodificabilità e di inedificabilità” che “precludono alla radice ogni possibilità di realizzazione dell’opera in questione”.
L’area poi ricade “in zona A di riserva integrale del Parco delle Madonie, nella quale vigono i divieti di realizzare nuove costruzioni ed esercitare qualsiasi attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, ivi comprese l’apertura di nuove strade o piste, nonché la modifica planoaltimetrica di quelle esistenti”.
Tanto che le associazioni ricordano come “il 9 agosto 2022, la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo aveva declarato la improcedibilità del progetto proprio per la sussistenza dei citati vincoli di inedificabilità”.
Il vincolo cancellato per decreto dal governo
Vincolo che ora è caduto. Anche grazie all’intervento del governo Meloni, che con un decreto ad hoc (il Dl 104 del 2023) ha definito non validi i vincoli di tutela per tutti gli osservatori astronomici, che “possono essere autorizzati in deroga”. L’atto successivo è stata la delibera adottata su proposta dell’assessorato del Territorio e ambiente ella Regione Sicilia che definiva l’osservatorio “opera di interesse strategico per la Regione”. Tutti atti contestati dagli ambientalisti che due giorni fa hanno presentato un ricorso al Tar per bloccare i lavori (che dovrebebro iniziare a settembre) nell’area protetta.
Il ricorso al Tar degli ambientalisti
“La procedura è fortemente viziata da irregolarità ed illegittimità”, spiegano le associazioni, “Mancano il parere favorevole del Consiglio Regionale per la Protezione del Patrimonio Naturale, il decreto dell’Assessore Regionale Territorio e Ambiente per le opere di interesse statale e soprattutto l’autorizzazione paesaggistica della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo”. Inoltre ricordano che il decreto 104 non ha validità retroattiva, quindi l’azzeramento dei divieti non varrebbe per il progetto Flyeye, perché pre-esistente alla norma.
Il Cai: “Non siamo contro l’opera”
“Non siamo i soliti ambientalisti del no a tutto, né siamo contro quest’opera”, chiarisce Mario Vaccarella, delegato ambiente del Cai, “ma riteniamo quell’area non adatta. Inoltre non possiamo non sottolineare l’inaccettabile rifiuto da parte di Esa, Asi, Regione ed Ente parco ad ogni confronto di merito”. Le Associazioni in definitiva chiedono “di perseguire le soluzioni alternative possibili proposte da mesi e che riguardano la ricerca di un sito alternativo (come Monte San Salvatore) e la contestuale modifica del progetto che prevede attualmente spazi e volumi edilizi non essenziali per la ricerca scientifica”. Richieste di assoluto buon senso, fino a oggi cadute nel vuoto.