di Lapo Mazzei
A rimetterci saranno cittadini e imprese. Comunque vada a finire. Delle due l’una: o il primo ottobre scatta l’aumento dell’Iva perché il Consiglio dei Ministri non si riunisce prima di aver ottenuto il voto di fiducia a inizio settimana; oppure lunedì l’esecutivo Letta vara in extremis il provvedimento messo a punto dal ministro Saccomanni e sono lo stesso dolori. La bozza di provvedimento prevede infatti che il balzo in avanti di un punto percentuale (dal 21% al 22%) slitti dal primo ottobre a gennaio, nella speranza di poterlo congelare definitivamente entro la fine dell’anno. Ma in tal caso, a dare un’occhiata alle coperture previste dai tecnici, non ci sarebbe granché da festeggiare. Resta immutabile un solo dato: il governo guidato da Enrico Letta resta uno specialista nel rinvio delle decisioni più delicate.
Entrando nel merito del testo del provvedimento ‘stoppato’ emerge che entro l’anno prossimo verranno “ridefinite le misure delle aliquote ridotte” dell’Iva “nonché gli elenchi da assoggettare alle medesime”. Si è inoltre deciso di rifinanziare la Cassa integrazione in deroga per il 2013 con un’ulteriore somma di 330 milioni di euro “da ripartirsi tra le regioni”. Ma ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, comunque penalizzanti per le tasche degli italiani. Le coperture per il mancato rialzo dell’Iva a ottobre arriveranno dall’aumento dell’acconto dell’Ires (al 103%) e dell’Irap per il 2013, oltre che dall’incremento delle accise sui carburanti per 2 centesimi al litro fino a dicembre 2013 e poi fino al 15 febbraio 2015 di 2,5 2,5 cent al litro. Una mazzata per le imprese per gli italiani, senza distinzione di reddito.
Il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, negli ultimi giorni aveva indicato in un miliardo di euro la cifra necessaria per far slittare il provvedimento, inizialmente previsto per giugno. La bozza prevede anche l’integrazione con 120 milioni di euro del fondo di solidarietà comunale istituito per il 2013 per compensare i Comuni del mancato gettito Imu. Sono state quindi accolte, almeno per il momento, le richieste delle associazioni di categoria. L’ultimo a chiedere lo stop all’aumento era stato Carlo Sangalli. “Anche se alcuni indicatori come ad esempio l’export e la fiducia delle famiglie e delle imprese cominciano a dare segnali di risveglio, ancora latitano gli effetti sull’economia reale”, spiega il presidente di Confcomercio. “Noi confermiamo le stime di marzo con il Pil a -1,7% e i consumi a -2,4%. Bisogna far ripartire la domanda interna e per questo si deve scongiurare il previsto aumento dell’Iva dal 21 al 22%”. Almeno sino a gennaio le imprese potranno dire di essere state ascoltate.
Anche i fumatori possono tirate una bella ‘boccata’: a gennaio non ci sarà alcun rincaro sul prezzo delle ‘bionde’. Un articolo della bozza del provvedimento, infatti, dispone che non vi saranno effetti depressivi sul mercato dei tabacchi lavorati in genere. Il ragionamento è semplice: per evitare che l’aumento dell’Iva deprima un mercato già segnato dalla crisi, viene stabilita una riduzione compensativa dell’aliquota di base dell’accisa sui tabacchi lavorati. In questo modo, anche quando scatterà l’aumento dell’Iva, le sigarette saranno salve. Preoccupati, invece, i consumatori. Secondo il Codacons si tratta di un provvedimento “disastroso” con una stangata, l’anno prossimo, da 275 euro a famiglia, “senza contare gli effetti indiretti sui prezzi al dettaglio, considerati arrotondamenti e aumento dei listini dei prodotti trasportati”. Per l’Unione Petrolifera “aumentare il costo dei carburanti è irresponsabile”.
Le convulsioni politiche di queste ore rendono però impossibile ogni previsione. Anche se la bozza venisse discussa lunedì, in tempo utile per evitare l’aumento automatico dell’Iva al primo ottobre, ben difficilmente le coperture immaginate resteranno invariate. Così com’è infatti per il Pdl si tratta di un provvedimento “devastante” che fa venire meno le ragioni del governo. “Non voglio e non posso credere che le coperture trovate siano davvero quelle anticipate” dichiarava infatti ieri Daniele Capezzone, presidente della Commissione Finanze della Camera.