Rischio riciclaggio per le imprese. Così Invitalia va a sbattere in Iran con una missione spericolata. Nel mirino il sostegno alle nostre aziende a Teheran

Per molti osservatori quella norma della Manovra è un’autentica follia. All’attenzione ci sono gli investimenti pubblici per garantire business con Teheran

di Stefano Sansonetti

Per molti osservatori quella norma della Manovra è un’autentica follia. E in certi punti rischia addirittura di violare le normative antiriciclaggio e contro il finanziamento del terrorismo. Del resto lo stesso Governo, nel decidere come districarsi nel ginepraio iraniano, sembra averla combinata grossa. E adesso su quella stessa norma minaccia di abbattersi una valanga di emendamenti. All’attenzione ci sono gli investimenti pubblici per garantire il business delle imprese italiane con Teheran. Fino a quale mese fa, complici le declinanti sanzioni americane all’Iran, sembrava che i rapporti bilaterali potessero essere riaccesi (prima delle tensioni l’interscambio tra i due paesi era di 7 miliardi di euro, oggi è crollato a 1,6). Poi, con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, che ha ripreso le ostilità con l’Iran, lo scenario è cambiato.

Il passo indietro – La Cassa Depositi e Prestiti, guidata dal presidente Claudio Costamagna e dall’Ad Fabio Gallia, come raccontato ieri da La Notizia ha deciso che in questo momento è troppo rischioso andare a garantire i crediti delle imprese italiane verso Teheran con l’utilizzo della controllata Sace. E pensare che il Governo italiano aveva organizzato due maxi missioni per riallacciare i rapporti con il Paese arabo. Nel novembre del 2015 l’allora viceministro allo Sviluppo, Carlo Calenda (oggi ministro), aveva guidato una delegazione di 178 imprese. Nel febbraio 2016, sempre con Matteo Renzi premier, erano stati i ministri Maurizio Martina (politiche agricole) e Graziano Delrio (infrastrutture) ad accompagnare in Iran 197 imprese. La stessa Cdp, certo non esente da errori di previsione, il successivo 12 aprile 2016 annunciò nuove linee di credito e garanzie per 4 miliardi a favore delle attività delle imprese italiane in Iran. Da quando Trump ha fatto cambiare lo scenario di riferimento, però, Cdp ha ingranato la retromarcia.

La trovata – Ed è qui che il Governo, stavolta guidato da Paolo Gentiloni, con Pier Carlo Padoan al Ministero dell’economia, ha tirato fuori dal cilindro la norma della Manovra che affida di punto in bianco alla controllata Invitalia, guidata da Domenico Arcuri e ormai autentica società calderone, l’attività di assicurazione dei crediti all’export. Una scelta come minimo contraddittoria: da una parte il gruppo Cdp-Sace, controllato dal Tesoro, considera l’Iran troppo a rischio e si ritira dall’attività di garanzia alle imprese; dall’altra lo stesso Tesoro ritiene evidentemente quel rischio non esistente in capo a un’altra sua controllata, Invitalia, e le affida la delicata mission.

Interventi in cantiere – Proprio per questo in Parlamento sono in preparazione emendamenti per correggere il tiro. C’è anche chi sostiene (vedi in proposito l’intervista che segue il pezzo all’ex ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata), che questa norma contrasta con le normative europee antiriciclaggio. I 100 milioni stanziati dal Governo, che attraverso una leva salirebbero a 1 miliardo, potrebbero anche favorire abusi nell’assunto che tanto c’è la garanzia di Invitalia. E magari andare a finanziare attività borderline in un Paese non più così “idilliaco” come sembrava fino a qualche mese fa.

IranUna norma folle. Così Terzi stronca l’operazione

Soldi pubblici letteralmente buttati via, operazione politicamente inelegante e soprattutto rischiosa per la sicurezza nazionale. Giulio Terzi di Sant’Agata, ex ministro degli Esteri, spiega a La Notizia tutte le controindicazioni della norma della Manovra che affida alla società pubblica Invitalia il compito di assicurare i crediti all’export delle imprese italiane che operano in Iran. Certo, in quanto componente dell’Uani (United Against Nuclear Iran), gruppo molto vicino a posizioni israeliane, Terzi ha una consolidata impostazione critica nei confronti delle attività in Iran. Ma i rischi che sottolinea meritano una riflessione. 

Ambasciatore, che effetto le fa questa norma?
“Penso che i 100 milioni stanziati, che con la leva possono arrivare a 1 miliardo, siano soldi buttati via. Peraltro con un intervento grottesco da un punto di vista politico, visto che questi soldi vengono sottratti a destinazioni più importanti come la formazione”.

Ma le imprese italiane in Iran non vanno in qualche modo sostenute?
“L’Iran continua a rimanere un mercato ad altissimo rischio, non per niente la Cassa Depositi e Prestiti ha fatto un passo indietro rispetto alla normale attività svolta dalla Sace. Il fatto è che la norma presenta un rischio altissimo”.

Quale?
“è totalmente incongrua rispetto alle normative europee antiriciclaggio e contro il finanziamento del terrorismo”.
Addirittura.

In che modo?
“Guardi, qui c’è il rischio che qualche azienda porti avanti attività che magari sono fallite in partenza ben sapendo che se qualcosa va storto tanto c’è la garanzia di Invitalia. E non è escluso che la destinazione finale di questi soldi possa essere oscura, privilegiare entità ostili. Insomma, ci troviamo di fronte a un rischio per la sicurezza nazionale”.