Alessandro Sansone, musicista con i suoi Zen, tanti anni nel cinema in produzione, conduttore in tv, VJ, una lunga gavetta in radio fino all’approdo, nel 2019, a 105, dove sta per ripartire col suo Night Express.
Sei nato prima come musicista e poi come deejay, cosa ne pensi del ritorno del vinile? Solo una moda o può continuare a costituire una fonte alternativa alla fruizione della musica liquida anche per i giovani?
“Non è solo una moda, credo però che sia anche una questione di arredamento, perché è figo e fa figo avere un lettore di vinili e metterne su uno ogni tanto per piacere personale o quando ci sono ospiti. È un bel regalo da fare e, se penso al mondo fra 20 anni, lo immagino con tanti vinili nelle case. Lo trovo decisamente più bello di cd o cassette. Poi chissà, magari fra qualche anno torneranno di moda pure i mini-disk che erano i miei preferiti. Lo comprai a 19 anni, in Irlanda, della Sharp, mi sentivo un figo ad andare in giro con quel cubotto in tasca, peraltro con qualità audio altissima. Ero l’unico ad averlo, e avrei scommesso tutto sul successo del mini-disk, invece non è stato così”.
Hai fatto diverse esperienze come attore e conduttore televisivo, che punti di contatto trovi con il mondo della radio e quale esperienza tv ricordi con particolare piacere?
“In realtà come attore è una mezza verità, nel senso che ho lavorato tanti anni nel cinema in produzione, poi un giorno un agente mi vide sul set e disse: “Ma tu con questo bel viso dovresti fare l’attore!”, io dissi: “Ok, proviamo!”, mi fece fare dei provini, mi presero a tutti, ma per piccolissimi ruoli, e sentivo che non era il mio, quindi ho lasciato subito. Non basta un bel viso, ci vuole tanta preparazione. Però, inspiegabilmente, sul web risulto più attore che conduttore radio/tv. Tempi di reazione, spigliatezza, capacità di esprimere concetti in maniera chiara e sintetica, sono le caratteristiche principali di un radiofonico e anche nella conduzione tv sono fondamentali. A parte le due edizioni del GfVip che mi hanno dato molta visibilità, ricordo con piacere l’esperienza a TgCom24 dove ho fatto delle interviste davvero interessanti, profonde e sorridenti e Rap Rush, un contest di video Rap. Sognavo di fare il Vj, e in quell’occasione lo realizzai”.
Come vedi il continuo proliferare di contenuti in rete? Come una concorrenza alla radio tradizionale soprattutto per il pubblico più giovane?
“Io non vedo le evoluzioni come nemiche, e la rete può essere una buona alleata della radio, offre spunti e contenuti anche da mettere in onda. I giovani fruiscono molto del web, ma poi anche loro cresceranno e cercheranno contenuti alternativi, anche nella radio. Podcast e social si sono presi una fetta importante della torta, ma è la normale evoluzione dei media. Non c’è più solo radio e tv, ora c’è tanto altro, e le realtà possono serenamente convivere. Una radio è fatta anche di contenuti extra per altre piattaforme, il brand vive su più canali, e questa secondo me è una grande opportunità. Per esempio: Onlyfans al momento è sottovalutato, credo che sia limitante utilizzarlo solo per i contenuti espliciti, offre molte più possibilità”.
Gli spazi per il parlato in radio, in alcuni casi, sono sempre più brevi; in che modo riesci a far venire fuori la tua personalità per coinvolgere il pubblico?
“Io non trovo che siano sempre più brevi, anzi, la tendenza si è invertita di nuovo, in parte. Ora trovo che in molte realtà si stia di nuovo facendo spazio al contenuto parlato. Magari il parlato di un conduttore da solo si è accorciato, è vero, mentre quello del dialogo tra conduttori in diverse radio è tornato recentemente ad avere dei tempi più distesi, anche in alcune radio di flusso. Sicuramente è cambiato il ritmo, l’ascoltatore è inconsapevolmente più pretenzioso e quindi reagisce meglio a un ritmo ben tenuto. Dico sempre che anche un sospiro o una pausa possono essere un buon contenuto, quindi se si ha personalità viene fuori sia in un intervento di pochi secondi che in uno lungo. Certo è che in radio, se mancano personalità e talento, anche un intervento di pochi secondi può sembrare lungo e pesante”.
Con il tuo ingresso a Radio 105 cosa hai dovuto modificare del tuo modo di condurre precedente e cosa, invece, ti è tornato utile delle esperienze pregresse?
“Mi sono tornati utili la cuffia e il badge, tanto ero qualche piano più sopra nello stesso stabile. E soprattutto le “cazziate” dei vari direttori incontrati negli anni. A 105 ho dovuto imparare a distendermi e a far respirare ogni pensiero, ogni battuta, ogni concetto, e poi ho dovuto imparare a dare ancora più ritmo all’improvvisazione. A 105 non basta la notiziola su base, l’ascoltatore si aspetta molto di più, un intrattenimento molto meno standard. Devi creare contenuto dal nulla, da un messaggio al pensiero che esce spontaneo appena dopo aver disannunciato un disco, ma soprattutto mi è tornata utile la consapevolezza dei mezzi acquisiti negli anni di gavetta, quando per tanti anni conduci da solo, anche fasce lunghe, cercando di non ripeterti mai, di non essere banale, e di non affrontare argomenti o notizie vecchie, già passate, per ultimo. Hai le spalle forti per aprirti a nuovi format e alle fisiologiche evoluzioni del mezzo”.