Dopo la sentenza di ieri della Cassazione, che ha decretato la prescrizione per l’ex tesoriere della Lega, Francesco Belsito, e per l’ex leader leghista, Umberto Bossi, per la vicenda della truffa ai danni dello stato sui rimborsi elettorali destinati al Carroccio tra il 2008 e il 2010, i due maggiori imputati tornano a parlare. “Sono stato lasciato a lottare da solo. Ma io ho la coscienza a posto. Ho lasciato i conti in ordine, i miei investimenti hanno generato tutti plusvalenze” ha commentato l’ex tesoriere Belsito. “Quello che è successo dopo – ha aggiunto – non devono chiederlo a me, non posso sapere come hanno usato quei soldi Maroni e Salvini”.
“Sul banco degli imputati – ha aggiunto Belsito – siamo saliti io e Bossi, ma anche dopo le mie dimissioni i rimborsi elettorali hanno continuato a confluire nelle casse della Lega. Allora mi chiedo: perché per me era truffa e per gli altri no? Credo di essere stato un grandissimo amministratore, ma ho pagato le conseguenze essendo stato fin troppo bravo. Io sono stato definito il ‘tesoriere bancomat’ e quando elargivo soldi e aiutavo tutti andava bene. Poi però se ne sono dimenticati tutti di me e mi hanno lasciato solo. Ma adesso è arrivato il momento di reagire”.
“Non ho avuto conseguenze sul piano penale ma quei soldi li ho presi e lasciati nella cassa del partito. L’unico rammarico è che per questa vicenda, cavalcata da altri, sono stato defenestrato” ha commentato, invece, l’ex segretario e fondatore della Lega, Umberto Bossi. “Il partito – ha aggiunto il senatùr – , che era il mio partito, oggi è di altri. Mi sento dignitosamente riabilitato come politico e come uomo”.
“I 49 milioni in discussione nel processo di Genova, come controllabile dai bilanci pubblicati sul sito della Lega, sono sempre stati nelle casse del partito” ha precisato, ancora, Renzo Bossi, giudicando “assolutamente falso e inventato” il loro utilizzo “per spese familiari”. “Il reato contestato nel processo di Genova – ha aggiunto il figlio dell’ex leader leghista – sarebbe di aver preso i rimborsi elettorali avendo depositato bilanci errati; il deposito dei bilanci era l’unico requisito per poter ricevere finanziamenti pubblici ai partiti in base alla percentuale presa alle elezioni”.