Il timore principale è sempre quello legato ai rifiuti nucleari. La Tuscia potrebbe essere ancora una volta il territorio che paga il prezzo più alto. Ma il problema non è solamente quello del deposito per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi, perché si va ad affiancare ad altre questioni aperte: dalla realizzazione di nuove discariche all’installazione di impianti fotovoltaici ed eolici. Per questa ragione tutto il territorio lancia un vero e proprio grido d’allarme per la salvaguardia dell’ambiente, chiedendo di evitare che il peso di depositi, discariche e anche nuovi impianti ricada tutto sulla Tuscia.
Il timore è sempre quello legato ai rifiuti nucleari. E la Tuscia potrebbe essere ancora una volta il territorio a pagare il prezzo più alto
Una buona notizia, va subito detto, potrebbe però arrivare dal Piemonte: il comune di Trino si è infatti candidato a ospitare il deposito di scorie nucleari che qualcuno teme che possa essere previsto proprio nel Lazio. Ma la certezza non c’è e per questo motivo le istituzioni locali si sono riunite a Tuscania nel tentativo di salvare un territorio martoriato, lanciando un grido disperato al governo e non solo. Per il presidente della provincia di Viterbo, Alessandro Romoli, “la misura è colma”. Sia il consiglio provinciale che la conferenza dei sindaci hanno chiesto un incontro urgente al presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, in modo che possa ascoltare il territorio. Per il momento non è arrivata una risposta, per cui verrà portata avanti quella che viene definita come una battaglia non ideologica, ma che nasce dal fatto che il territorio non si può “accollare fabbisogni che non ci appartengono e che sono legati alle speculazioni”.
Il timore che il deposito di rifiuti nucleari finisca nel viterbese è dettato dal fatto che su 67 possibili siti di stoccaggio delle scorie a livello nazionale, ben 22 ricadono proprio su questo territorio. E quattro sono nel comune di Arlena di Castro, come sottolinea Franco Indaco, rappresentante del comitato Arlena Ambiente. Quindi il rischio “che venga scelto un sito” in questa zona “è reale” e decisamente concreto. Ma non c’è solo la questione relativa alle scorie radioattive da considerare, perché si aggiunge anche il fatto che gli impianti da fonti energetiche rinnovabili si trovano, per il “78% nella nostra provincia”.
Una “pressione importante” che ricade su questo territorio e a cui è necessario sommare anche “il rischio che sia realizzata la discarica di Arlena di Castro”. Impianto che, viene sottolineato, ha già ricevuto due autorizzazioni su tre dalla Regione. Per Simona Carosi, archeologa della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale, è utile ricordare che parliamo di un territorio “bersagliato da impianti di energia rinnovabile senza alcuna pianificazione”. Tanto da definirlo come un “assalto al territorio”. Come detto, c’è anche la questione della discarica che viene affrontata pure dal sindaco di Tessennano. Ermanno Nicolai, il quale contesta quella che definisce come una procedura “sbagliata” e da resettare. “Roma chiede energia elettrica e qui ci manda solo rifiuti”, sottolinea il primo cittadino chiedendo di sospendere la procedura.
Il territorio dell’alto Lazio è già pieno di impianti per il trattamento di rifiuti di ogni tipo
Una buona notizia per il territorio del viterbese potrebbe però arrivare dal Piemonte, come detto. Una possibilità che nasce dal decreto Energia approvato a fine novembre dal governo Meloni: una delle norme inserite nel provvedimento prevede la possibilità, per i comuni, di autocandidarsi e ospitare il deposito di scorie nucleari nazionale che l’Italia deve realizzare entro il 2030. Come accennato, tra i 67 siti ritenuti idonei, sono ben 22 quelli in provincia di Viterbo. Numero che spaventa il territorio, anche solo per un semplice calcolo delle probabilità.
Ma il sindaco di Trino, in provincia di Vercelli, si è già detto disponibile ad accogliere il deposito sul suo territorio. Scampato pericolo? Non esattamente, perché l’autocandidatura non è sufficiente a determinare una decisione, anche perché spetterà a Sogin, la società di Stato incaricata della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, stabilire se il sito di Trino sia idoneo o meno. E se, di conseguenza, la Tuscia potrà ritenersi salva.